Nel Settecento Filippo Mazzei, medico, diplomatico e girovago di Poggio a Caiano, nobile cadetto già consigliere del re di Polonia e più tardi amico del futuro presidente americano Thomas Jefferson, soggiornò per qualche tempo a Londra e spesso pranzava con i personaggi più influenti della grande metropoli. Una sera, a casa del signor Neave, decise di organizzare una sorta di degustazione alla cieca. Portò tre bottiglie: una di Borgogna e una di Bordeaux, vini molto blasonati, e una di Carmignano che era il “vin del Cartei imbottigliato sei o sette anni prima”, un contadino che il Mazzei era riuscito, pur con grande fatica, a convincere a vinificare senza la pratica del governo superando un difetto comune allora a molti vini del Montalbano (ma non ad esempio a quelli di Artimino dei granduchi), ovvero il ‘mal di mare’ e cioè l’instabilità nei lunghi viaggi.
Portò le bottiglie in tavola senza etichetta, i commensali bevvero e tutti diedero la preferenza al vin del Cartei. Poi naturalmente “restarono molto meravigliati quando intesero che era vin di Carmignano”. “Carmignano dove?” avranno esclamato. L’aneddotto ce lo racconta direttamente Filippo Mazzei nelle sue memorie ed è una delle tante curiosità raccolte all’interno del “Museo della vite e del vino” comunale che si affaccia sulla centralissima piazza Vittorio Emanuele II a Carmignano.
Si accede dall’ufficio di informazioni turistiche gestito dalla Pro Loco e l’ingresso è gratuito: un corridoio e quattro stanze che parlano del territorio e della mezzadria con belle foto, documenti, una collezione di bottiglie e vecchi attrezzi agricoli. Pareti dove si rincorrono citazioni di poeti e scrittori vissuti da una parte e l’altra del Mediterraneo che diventano citazioni perfette per immagini scattate duemila anni più tardi. Un museo dove scopri ad esempio che su Carmignano cadde l’attenzione dell’etnologo svizzero Paul Scheuermeier, che dal 1919 al 1930 la studiò per una ricerca sul mondo contadino.
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