Nonostante il ruolo da protagonista che ha svolto nel panorama artistico non solo fiorentino e toscano ma anche nazionale ed internazionale dal secondo dopoguerra alla fine del XX secolo, Alberto Moretti non è conosciuto ed apprezzato nella misura in cui la sua produzione meriterebbe, e soprattutto a Carmignano, sua terra d’origine, il suo valore è stato ignorato dalla maggior parte della popolazione, che in lui soprattutto ha amato l’insegnante dei vecchi tempi e l’uomo dai modi gentili, ma di cui non ha compreso appieno lo spessore culturale, valutandolo perlopiù come un artista stravagante che ha realizzato opere dall’aspetto singolare e dal contenuto indecifrabile. Questo può risultare giustificabile se si considera che in linea generale il grande pubblico si dimostra refrattario alle forme d’arte che esulano dal genere figurativo, tuttavia il curriculum di Moretti, ricco di mostre collettive e personali, pubblicazioni e relazioni interpersonali di altissimo significato, dimostra in maniera inequivocabile la qualità elevatissima del suo lavoro.
Alberto Moretti esordisce ufficialmente sulla scena artistica intorno alla metà degli anni Quaranta con alcuni quadri di matrice figurativa, ispirati prevalentemente al paesaggio della campagna che lo circonda e alle persone a lui più care, sulle quali spicca l’amatissima nonna, Paola Donati, ritratta nel dipinto omonimo datato 1945 e in una serie interminabile di disegni eseguiti a matita e a china. Ma se in questi primi lavori i suoi punti di riferimento sono Soffici e Rosai, in brevissimo tempo il giovane si volge alle correnti artistiche dell’Espressionismo e del Cubismo, che provengono dalla Francia, e se ne appropria assimilandole a tematiche di tipo socio-politico, come appare evidente nella tela intitolata “Lavoratori”, ultimata nel 1946, dove attraverso il soggetto imperniato sull’argomento dell’occupazione si respira il clima denso di energia, di vitalità, di entusiasmo e di ottimismo che pervade l’Italia intenta alla ricostruzione del periodo post-bellico. Alcune delle opere prodotte in questo periodo vengono notate dagli addetti ai lavori ed ottengono la pubblicazione sulle pagine del settimanale “La Festa”. L’adesione al linguaggio cubista porta rapidamente Moretti ad un processo di astrazione in chiave geometrica, che lo conduce a trasfigurare il dato reale in forme stilizzate assimilabili alle figure dei triangoli, dei quadrilateri, dei poligoni.
In questo periodo il pittore frequenta nel capoluogo toscano il Caffè delle Giubbe Rosse, luogo di ritrovo di artisti e letterati di grande calibro, dove entra in contatto tra gli altri con Ottone Rosai, Ugo Capocchini, Carlo Emilio Gadda, Tommaso Landolfi, Mario Luzi, Giuseppe Ungaretti, ampliando in maniera esponenziale i propri orizzonti culturali, e si avvicina agli astrattisti fiorentini del gruppo Arte Oggi. Nel 1949 partecipa alla III Mostra Internazionale “Arte d’oggi” in Palazzo Strozzi, dove entra in relazione con gli esponenti di Forma Uno di Roma, con i rappresentanti del Movimento Arte Concreta di Milano, con gli artisti francesi che animano la rivista “Art d’Aujourd’hui” ed espongono alla Galerie Denise René. In quello stesso anno inizia a collaborare con il giornale “La Città”, diretto da Giovanni Michelucci.
Intanto il suo lessico pittorico subisce una nuova trasformazione virando in direzione di una produzione di sapore informale. Moretti entra in relazione con il gruppo COBRA e prende parte alle attività della rivista gestita dal collettivo di Bruxelles. A Firenze nel 1951 si lega alle neonate gallerie L’Indiano, diretta da Piero Santi, e Numero, diretta da Fiamma Vigo, presso le quali espone in numerose mostre collettive e personali. Nel 1952 è attivo nell’ambito della Galleria Âge d’or di Roma. Sempre nel 1952 “La Nuova Città” di Michelucci dà alle stampe una cartella di sue litografie. Nel 1953 soggiorna a Parigi ed espone alla Galerie Arnaud, ed entra a far parte del MAC Espace. Nel 1954 viene premiato a Venezia dal Centro delle Arti e del Costume nella prestigiosa cornice di Palazzo Grassi, inoltre partecipa alla Rassegna Internazionale d’Arte Astratta tenutasi alla Galleria Nazionale d’Arte Moderna di Roma. Nel 1955 è presente alla mostra “Arti Plastiche Civiltà Meccanica” ancora alla Galleria Nazionale d’Arte Moderna di Roma, e pubblica una sua opera nella cartella di serigrafie “Arte Astratta Italiana” edita dall’Art Club della città capitolina. Per tutto il decennio prende parte a numerose esposizioni, rassegne d’arte e premi sia in Italia che all’estero, raccogliendo ampi consensi da parte sia del pubblico che della critica.
A partire dal 1959 sperimenta lavori di sintesi tra Informale e Neo Dada, denominati “Assemblages”. Uno di questi, presentato nel 1961 in piazza Donatello a Firenze, provoca una forte ondata di polemiche all’interno della città, e finisce per essere danneggiato da una pietra scagliata durante una violenta contestazione. L’anno successivo il maestro avvia una proficua collaborazione con la Galleria Quadrante, appena fondata da Matilde Giorgini nel capoluogo toscano. Entra a far parte del Gruppo ’70, formazione destinata ad ampliarsi nel corso degli anni per dare vita al movimento definito Poesia Visiva, e compie numerosi viaggi all’estero, soggiornando a lungo negli Stati Uniti d’America. Tra il 1962 e il 1966 la ricerca artistica di Moretti si indirizza verso le correnti della Nuova Figurazione e della Pop Art attraverso la produzione di dipinti e collages. Nella prima pubblicazione dedicata al genere, curata nel 1965 da Mario Amaya, accanto al nome e alle opere di Andy Warhol figurano quelli di due italiani soltanto: Mimmo Rotella e Alberto Moretti.
Gli anni Settanta si aprono con la nascita della Galleria Schema, fondata insieme a Raul Dominguez e Roberto Cesaroni Venanzi, che inizia la sua attività il 12 febbraio del 1972, e che fino alla chiusura avvenuta il 31 dicembre del 1994 ospita nel cuore del centro storico fiorentino le proposte avanguardistiche più interessanti dello scenario nazionale ed internazionale. Per Moretti si tratta di un decennio che scorre nel segno della riflessione concettuale: l’artista fa largo uso della macchina fotografica e della cinepresa, realizza filmati caratterizzati da una forte impronta antropologica, e da questi passa ad analizzare gli aspetti sociologici e politici connessi al diritto di un “lavoro come arte”, che rispetti la dignità, la personalità ed il naturale talento dell’uomo. Da queste meditazioni nascono “Techne e Lavoro come Arte”, del 1975, e “Ideologia come Techne”, del 1978, che partecipa alla Biennale di Venezia in quello stesso anno. Nel 1979 Moretti riallaccia i legami con la pittura informale, utilizzando come supporto per le sue nuove creazioni i manufatti ad intreccio di paglia e di rafia caratteristici dell’area fiorentina, con la chiara intenzione di nobilitare il lavoro femminile della terra che gli ha dato i natali.
Nel decennio che segue prende parte a importanti rassegne internazionali d’arte e di cinema d’essai. Nel 1983 il Comune di Firenze gli rende omaggio con una importante retrospettiva nella Sala d’Arme di Palazzo Vecchio. Nel 1989 viene nominato Accademico delle Arti del Disegno. Fino allo scadere degli anni Novanta è assorbito dalla esecuzione di carte di formato monumentale, che dipinge concentrando la sua attenzione sugli aspetti cromatici e luministici delle opere realizzate. Nel 1999 la sua produzione è al centro di una imponente mostra personale allestita presso la Galleria d’Arte Moderna di Palazzo Pitti. Nel 2004 il Comune di Carmignano, il paese natio dove il pittore trascorre l’ultima parte della sua vita, inaugura il Cantiere d’Arte Alberto Moretti e nel 2008 gli dedica l’omonimo spazio espositivo. (Barbara Prosperi)