Durante la seconda guerra mondiale, nel 1942, cambiarono le sorti della fabbrica Nobel di Comeana ed il suo assetto societario: nacque infatti la Nobel-SGEM, dove SGEM era l’acronimo della Società generale esplosivi e munizioni di cui la Montecatini aveva acquisito le azioni. In questi anni lo stabilimento convertito ad uso bellico si occupò dell’innesco di particolari bombe (le torpedini) in reparti ben isolati, ricevendo cospicue commesse da Carmignano, Signa e dai comuni limitrofi. Per la produzione e per le assunzioni gli anni dal 1939 al 1943 rappresentarono il periodo d’oro: vi lavoravano circa 3500 addetti tra uomini, donne e anche bambini, che si alternavano in tre turni da otto ore. In particolare le donne erano destinate al compattamento dell’esplosivo negli involucri delle bombe e negli essiccatoi, all’interno di un’area che era detta comunemente “harem”. Lavorare alla “Nobile” per molti rappresentava un privilegio. La fabbrica infatti era all’avanguardia, non solo per la struttura, ma anche per la gestione delle risorse e per la sicurezza. E soprattutto offriva tanti posti di lavoro.
La struttura era suddivisa in sette aree principali: cinque erano destinate alla produzione, una per i servizi generali e una alla produzione energetica. Si producevano nitroglicerina, nitrocellulosa, balistite, tritolo e polvere B. Le materie prime, principalmente pirite e cotone, erano trasportate dalla stazione di Carmignano su vagoni che oltrepassato il ponte Bailey sull’Ombrone arrivavano direttamente dentro lo stabilimento e venivano scaricati nel piazzale. Attraverso un treno con venticinque chilometri di binario a scartamento ridotto i materiali erano distribuiti tra i vari padiglioni.
I servizi generali erano raccolti intorno all’asse centrale e suddivisi in uffici direzionali, amministrativi, laboratori, magazzini, cucine, mense, refettori, spaccio dei viveri, medicherie e nursery con sala di allattamento e di distribuzione del latte. Il latte era utilizzato come sostanza per disintossicare gli operai addetti alle lavorazioni nocive ed era prescritto secondo determinati dosi ed orari. Nella zona destinata alla produzione di energia vi erano un deposito di carbone, la centrale termica, la centrale termoelettrica, le cabine di elettrotrasformazione e serbatoi di gasolio.
Dal 1943 la Nobel divenne un obiettivo militare: i tedeschi la occuparono il 24 dello stesso anno dichiarandola stabilimento “protetto”. Gli alleati provarono ripetutamente a bombardarla. Gli antifascisti e i partigiani ne fecero oggetto di sabotaggi, ma anche la utilizzarono per ‘rifornirsi’ di esplosivi. Il più eclatante dei sabotaggi fu quello dell’11 giugno 19441 in cui i partigiani guidati da Bogardo Buricchi fecero saltare in aria otto vagoni carichi di tritolo, che sostavano a poca distanza rispetto alla stazione di Carmignano. L’azione mise fuori uso la stazione rendendo impossibile qualsiasi rifornimento della Nobel. I tedeschi non reagirono con nessuna rappresaglia, anche perché nell’azione non vi erano state vittime tedesche, ma fecero saltare buona parte dell’arsenale bellico e minarono lo stabilimento. Dopo il 1945 la produzione bellica diminuì clamorosamente e la Montecatini operò una serie di licenziamenti di massa: da 3500 che erano gli addetti si ridussero ad appena 159.
Il 28 agosto 1945 la giunta comunale di Signa prospettò ai dirigenti della Nobel-SGEM la riconversione dello stabilimento in fabbrica di pace, ma anche questo tentativo non migliorò la situazione di disoccupazione dilagante. Nel biennio 1947-1948 la fabbrica fu usata come base sperimentale per fitoallevamenti ed antiparassitari con il nome di I.R.A.G. (Istituto per ricerche agrarie) in una porzione dell’area dismessa e bonificata. L’idea non generò vantaggi economici e la chiusura della fabbrica arrivò perentoria nel 1958.
La bonifica successiva e definitiva è stata effettuata nel 1964 da parte del Genio militare di Firenze.
Dagli anni settanta l’area è stata un polo attrattivo di numerosi progetti di riqualificazione, ma nessuno di questi è mai andato in porto. Tra i tanti c’era l’idea di trasferire l’Università di Firenze, la Cittadella viola oppure di utilizzare l’area per un progetto legato al cinema ed alla moda, che avrebbe previsto dal 2003 la costruzione di 45 mila metri quadri di studios, 5 mila di università del cinema, 10 mila di centro benessere, 25 mila di strutture turistiche, 5 mila di area convegni e 15 mila di residence per ospitare studenti e dipendenti. Il progetto è stato abbandonato alcuni anni più tardi, nel 2011.
Dalla sua chiusura quindi la vecchia polveriera, il viale alberato e gli edifici sono stati abbandonati a loro stessi, sottoposti alla trasformazione incessante del tempo e al bosco che ha preso il sopravvento sulle strutture. Attualmente non ci sono progetti di recupero dell’area da parte dei Comuni di Carmignano e di Signa. Rimane solo il mistero del luogo, alimentato nell’immaginario collettivo dalle poche testimonianze storiche e il ferreo regolamento che imponeva il segreto militare. (Valentina Cirri)
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Crediti fotografici di Isabella Santoro e di Francesco Galeotti