La fine di settembre a Carmignano è sinonimo di San Michele, la grande manifestazione folkloristica che nell’arco di tre intensissimi giorni rende omaggio al santo patrono del paese, attraverso la duplice sfida del “teatro in strada” e del palio dei ciuchi, in cui si affrontano i quattro rioni nei quali si suddividono il capoluogo ed alcune delle sue frazioni. Che Arrigo Rigoli, noto pittore carmignanese, abbia dato vita, insieme ad altri, alla Festa di San Michele nella sua accezione moderna nel paese è relativamente risaputo, ma forse non molti conoscono come e perché la manifestazione abbia avuto inizio. Grazie alla generosità della famiglia Rigoli, che ci ha gentilmente messo a disposizione i diari di Arrigo, siamo in grado di raccontare in quali circostanze ebbe origine l’idea della festa, nata in un primo momento come un semplice corteo di rificolone e divenuta solo in seguito una imponente sfilata folkloristica.
Correva il 1932 quando Enrico Banchelli, all’epoca segretario del Fascio di Carmignano, convocò nel suo ufficio un gruppo di compaesani e li mise al corrente del fatto che dalla sede provinciale del Dopolavoro era giunta una perentoria richiesta, in base alla quale il Comune mediceo avrebbe dovuto aderire alle celebrazioni delle cosiddette Feste dell’uva. Questi eventi erano stati creati dal regime fascista allo scopo di consolidare l’identità nazionale dell’Italia, che al tempo era ancora composta in gran parte da contadini, e furono istituiti a partire dal 1930 su diretta disposizione di Mussolini dal Ministero dell’Agricoltura, che decretò che tali manifestazioni dovessero tenersi l’ultima domenica di settembre su tutto il territorio peninsulare, e particolarmente nei centri urbani di maggior rilievo. In occasione di questi avvenimenti veniva ovviamente promossa la compravendita dei prodotti vitivinicoli; si svolgevano però anche momenti ricreativi dalla valenza fortemente aggregante quali giochi, gare e cortei di vario tipo.
Una festa nata per distinguersi
“Ma quale Festa dell’uva! – sbottò di fronte ai presenti il Banchelli, secondo le reminiscenze del Rigoli, che faceva chiaramente parte dei convenuti – Le Feste dell’uva sono tutte uguali, chi ne ha vista una le ha viste tutte. Noi dobbiamo pensare a qualcosa di diverso che ci distingua dagli altri, a cominciare dalla scelta della data, e siccome il 29 settembre è San Michele perché non ripristiniamo l’antica festa patronale, che secondo quanto riferito dal Ricci (autore delle “Memorie storiche del castello e comune di Carmignano”, pubblicato a Prato dall’editore Stefano Belli nel 1895, nda) doveva essere tra le più antiche, belle e rinomate manifestazioni dei dintorni?”. La proposta suscitò immediatamente tra i partecipanti alla riunione un acceso entusiasmo, ma, benché l’idea fosse stata accolta con favore all’unanimità, sul momento nessuno fu in grado di suggerire qualcosa di preciso. Da ultimo fu deciso che la sera del 29 settembre sarebbe stata organizzata una sfilata folkloristica, e che sarebbero state invitate a prendervi parte le varie associazioni del paese: la Musica, la Corale, la Misericordia, i Combattenti, i Cacciatori.
Solo le prime due risposero all’appello: la Musica si offrì com’era intuibile per suonare in piazza, mentre la Corale pensò di mettere in atto una parata di rificolone, che furono effettivamente portate in giro da un cospicuo gruppo di ragazzi. Ci fu però un affiatato manipolo di amici che ebbe l’intuizione di allestire una piccola rappresentazione con un soggetto attinente alla storia ed alle tradizioni carmignanesi. Nello specifico essi decisero di rievocare “Il ritorno dalla fiera” in abiti ottocenteschi, e così lungo le vie principali dell’abitato sfilarono un calessino tirato da un cavallo e due barrocci trainati da altrettanti asini, attorniati da svariati figuranti muniti di panieri e ceste dove facevano bella mostra di sé gli acquisti effettuati alla fiera, in special modo polli, paperi e maialini. La trovata riuscì a vivacizzare la serata in maniera notevole, e fu a tutti gli effetti l’elemento che riscosse i maggiori consensi da parte di quanti assistettero alla prima edizione della festa. Il tema era stato suggerito da Bruno Cinotti e venne realizzato da Alessandro Bruni, Renato Ciapini, Arrigo e Isidoro Cosci, Lorenzo Gaini, Origene Gennai, Emilio Mainardi, Arrigo e Lapo Rigoli, che di fatto gettarono le basi della manifestazione che conosciamo oggi, e che negli anni a venire continuarono ad adoperarsi senza risparmio all’interno dei rispettivi rioni di appartenenza.
Quattro paesi al posto dei rioni …
Dal momento che quell’anno furono i soli abitanti del paese ad assistere alla festa, per darle una maggiore risonanza in quello successivo venne stabilito di allargare la manifestazione alle frazioni del Comune, che furono dunque invitate a partecipare ad una competizione che avrebbe premiato il miglior soggetto folkloristico con una allettante somma di denaro. Per il noto spirito antagonistico che da sempre divide i nostri piccoli centri, aderirono soltanto in tre: Artimino, il Poggetto (che al tempo, insieme a Poggio a Caiano, faceva parte di Carmignano) e Seano, mentre pare che da altre parti si dicesse: “Se i carmignanesi vogliono fare la festa, che se la sbrighino da sé!”. Il Poggetto portò un bel carro addobbato con gusto e sapienza, Artimino ne propose uno ugualmente bello tirato da quattro buoi monumentali, Carmignano invece presentò tre attrazioni: il carro dei Combattenti sul quale venne rappresentata “La cena della vendemmia”, quello della Corale sul quale era stata eretta una riproduzione del “Campano” circondata da armigeri in tenuta medievale, e la sfilata del già citato gruppo di amici, che in groppa a dei somari rievocò l’antico “Palio dei ciuchi”; la messa in scena più bella tuttavia fu quella realizzata dai seanesi, che salirono nel capoluogo con una nutrita muta di cani e magnifici cavalli montati da dame e cavalieri per dare vita ad una spettacolare “Caccia granducale” in costumi cinquecenteschi.
… e le prime liti
Come auspicato, l’evento richiamò molti spettatori anche dai paesi vicini, e a tutti fu evidente che il corteo ideato dalla frazione di Seano era nettamente superiore agli altri per fantasia, sontuosità e suggestione. Così almeno si racconta. La giuria però inspiegabilmente assegnò la vittoria alla rappresentazione messa in atto dalla Corale di Carmignano, provocando il malcontento di quanti avevano assistito allo spettacolo, la delusione delle frazioni che avevano risposto all’invito, e la rabbia dei seanesi che avevano visto disconosciuta la loro palese supremazia. Apparve chiaro a chiunque che a seguito di quello smacco nessuno dei paesi circostanti il capoluogo avrebbe più preso parte alla manifestazione. La Festa di San Michele corse perciò il rischio di morire appena due anni dopo la sua rinascita, perché le poche associazioni carmignanesi, costituite da ristretti nuclei di persone, non sarebbero riuscite ad assicurarne il regolare svolgimento. (Continua)
Barbara Prosperi
Nelle foto: il programma dell’edizione 1932 e alcune immagini del 1936.
L’Associazione Turistica Pro Loco ringrazia sentitamente l’Associazione Culturale Il Pontormo per avere cortesemente messo a disposizione alcuni rari scatti delle manifestazioni svoltesi negli anni Trenta del secolo scorso
Le origini del San Michele
Prima la parata di rificolone, poi la sfilata
Posted on
Questo articolo è stato pubblicato in feste, storia e con I tag Arrigo Rigoli, Carmignano, festa di San Michele. permalink.