Il territorio di Carmignano, cui fino al 1963 apparteneva anche Poggio a Caiano, è stato particolarmente apprezzato dai Medici, che vi fecero edificare due delle più belle ville appartenute alla celebre famiglia fiorentina: lʼAmbra, voluta da Lorenzo il Magnifico sulla omonima collina che a Poggio sovrasta il fiume Ombrone, e la Ferdinanda, voluta da Ferdinando I sul rilievo che fronteggia il borgo medievale di Artimino; due costruzioni che ospitarono varie generazioni della stirpe medicea insieme ai numerosi cortigiani che gravitavano intorno alla loro orbita. Della famosa dinastia toscana, come della maggior parte di quelle sia italiane che straniere, si ricordano soprattutto gli esponenti maschili, tuttavia noi vogliamo rendere omaggio ad una donna che è stata una delle più grandi rappresentanti della casata: Anna Maria Luisa deʼ Medici, passata alla Storia come lʼElettrice Palatina, lʼultima discendente della famiglia, un personaggio di elevata caratura morale ed intellettuale, caratterizzato da una mentalità estremamente aperta e lungimirante. A lei si deve quel documento noto come “Patto di famiglia”, con il quale al momento di consegnare il granducato nelle mani dei Lorena vincolò a Firenze e alla Toscana i beni in esse contenuti, avendone pienamente intuito le potenzialità in chiave di sviluppo culturale e di promozione turistica.
Anna Maria Ludovica, che in età adulta avrebbe modificato il proprio nome in Anna Maria Luisa, nacque a Firenze lʼ11 agosto 1667 da Cosimo III deʼ Medici, il granduca di Toscana che ha ‘inventato’ la Doc del vino di Carmignano, e da Margherita Luisa dʼOrléans, duchessa di Montpensier, quando il già difficile rapporto tra i due genitori si era talmente deteriorato che la madre, scoperta la gravidanza, durante una cavalcata tentò di procurarsi un aborto spronando l’animale ad un galoppo forsennato. Nonostante questo violento tentativo di sbarazzarsi della creatura che la donna portava in grembo, la gestazione andò a buon fine, ma comʼera prevedibile lʼarrivo della bambina, secondogenita ed unica figlia femmina della coppia, non contribuì a migliorare il rapporto tra i coniugi: Cosimo prese a dedicarsi con sempre maggiore assiduità agli affari politici ed alle pratiche religiose, mentre Margherita Luisa continuò a ribadire con implacabile insistenza il desiderio di abbandonare lʼItalia per tornare in Francia.
Questa travagliata situazione si protrasse fino al 1674, allorché, fallito ogni tentativo di conciliazione, il granduca acconsentì alla partenza della moglie per il convento di Montmartre a Parigi. Del resto i due vivevano già da tempo una separazione di fatto, dal momento che Margherita Luisa aveva lasciato la residenza di Pitti e si era trasferita nella villa di Poggio a Caiano nel 1672. Dopo il rientro in madrepatria la donna si disinteressò quasi completamente dei propri figli – oltre ad Anna Maria Luisa dalla sfortunata unione erano nati Ferdinando e Gian Gastone, venuti alla luce rispettivamente nel 1663 e nel 1671 –: si limitò ad intrattenere con loro una corrispondenza epistolare sbrigativa e superficiale e non manifestò mai il desiderio di rivederli. I bambini pertanto furono seguiti prevalentemente dalla nonna paterna, Vittoria della Rovere, vedova di Ferdinando II, che li educò secondo i rigorosi principi sui quali aveva già improntato la formazione di Cosimo.
Tra Vittoria e la nipote si instaurò una sintonia speciale: dalla nonna Anna Maria Luisa non assorbì solamente una solida morale fatta di preziosi insegnamenti sia etici che religiosi, ma apprese anche lʼamore per le arti, il buon gusto e lʼeleganza, acquisendo una profonda preparazione culturale e sviluppando una personalità brillante e disinvolta. La ragazza era intelligente, colta, padroneggiava con disinvoltura diverse lingue straniere tra cui il francese, lʼinglese e il tedesco, si dimostrava affabile e cordiale e poteva inoltre contare su una prestanza fisica che non lasciava indifferenti: era bella, alta, statuaria, disponeva di una corporatura atletica ed imponente, amava le attività sportive e praticava con grande abilità e piacere lʼequitazione. Divenne in breve tempo la favorita del padre, che la preferiva all’irrequieto Ferdinando e all’introverso Gian Gastone e riversò su di lei molte ambizioni, anche se Cosimo era perfettamente consapevole del fatto che la legge salica gli impediva di considerare la figlia come una legittima erede per il governo del granducato di Toscana.
Quando era ancora una bambina in tenerissima età Anna Maria Luisa ricevette la proposta di sposare Luigi dʼOrléans, il delfino di Francia deputato a succedere al Re Sole, ma Cosimo III non desiderava un secondo matrimonio con la dinastia francese e perciò declinò lʼofferta, scegliendo di avviare una trattativa per maritare la fanciulla con Pietro II del Portogallo. I ministri portoghesi tuttavia, temendo che la giovane avesse ereditato il carattere capriccioso della madre e che potesse influenzare negativamente il debole sovrano, rifiutarono la proposta. A seguito dei dinieghi giunti anche dalla Spagna e dalla Savoia, si fece allora avanti lʼimperatore Leopoldo I del Sacro Romano Impero, che avanzò la candidatura di Giovanni Guglielmo del Palatinato, mentre Giacomo II dʼInghilterra indicò il cognato Francesco dʼEste, figlio del duca Alfonso IV di Modena. La principessa toscana temeva che legandosi al figlio di un duca avrebbe sminuito il rango granducale della famiglia, così alla fine diede la sua preferenza allʼElettore Palatino, uno degli uomini più potenti dell’impero germanico.
Giovanni Guglielmo ed Anna Maria Luisa celebrarono le loro nozze per procura nell’aprile del 1691. Nel mese di maggio la sposa partì alla volta di Düsseldorf, la capitale degli Stati governati dal consorte, in compagnia del fratello Gian Gastone, cui la univa un affetto particolare, ma prima che potesse arrivare a destinazione il marito la raggiunse di sorpresa ad Innsbruk, dove i due si incontrarono per la prima volta e si unirono ufficialmente in matrimonio. Il loro fu un connubio veramente indovinato: gli sposi si piacevano, andavano dʼaccordo e condividevano molti interessi, dagli sport all’aria aperta alla cultura; sotto la loro reggenza ricevettero un forte impulso gli spettacoli musicali e teatrali, e lʼElettrice Palatina si segnalò fin dall’inizio come una sapiente mecenate, dando lustro e rinomanza alla corte su cui regnava: commissionò la costruzione di un teatro dove fece rappresentare le commedie del drammaturgo Molière, invitò a palazzo il compositore Fortunato Chelleri e lo nominò maestro di cappella, inoltre sovvenzionò le attività dellʼerudito Agostino Steffani durante la sua permanenza a Düsseldorf. Lʼunico cruccio della coppia era costituito dal non riuscire ad avere figli: Anna Maria Luisa era rimasta incinta pochi mesi dopo le nozze, ma un aborto le aveva impedito di portare avanti la gravidanza ed anche in seguito non fu in grado di dare un erede a Giovanni Guglielmo.Le cose non andarono meglio per i fratelli: Ferdinando nel 1689 aveva sposato Violante di Baviera e Gian Gastone nel 1697 Anna Maria Francesca di Sassonia-Lauenburg, ma nessuno dei due fu capace di perpetuare la dinastia di casa Medici. A dire il vero oltre a non portare frutti entrambe le unioni dei principi toscani furono disastrose. Ferdinando aveva unʼindole esuberante, era abituato a condurre una vita mondana, costellata di viaggi, divertimenti ed avventure galanti, e il matrimonio non bastò a fargli cambiare direzione: durante uno dei suoi frequenti soggiorni nella città di Venezia consumò lʼennesimo tradimento all’indirizzo di Violante e contrasse la sifilide, che gli procurò la sterilità e lo portò precocemente alla morte dopo alcuni anni di atroci sofferenze, nel corso dei quali fu amorevolmente assistito dalla moglie che gli rimase sempre profondamente devota. Gian Gastone invece non riuscì mai ad instaurare un vero rapporto con Anna Maria Francesca, una donna dal carattere autoritario e volitivo che disprezzava il marito e non accettò di trasferirsi neanche per un solo giorno a Firenze, costringendo il consorte a vivere nel palazzo di Reichstadt. A differenza della sorella, che si era adattata alla perfezione al rigido clima della Renania, partecipando con disinvoltura ad estenuanti battute di caccia in mezzo alla neve, Gian Gastone pativa il freddo della Boemia, la lontananza dalla Toscana e lʼasprezza di una sposa che faceva di tutto per tenerlo a distanza. Profondamente avvilito da questa situazione, iniziò a bere, cadde in un grave stato di prostrazione e decise infine di fare ritorno in patria, sciogliendo di fatto una unione che non lasciava prevedere alcuno sbocco.
Preso atto del fatto che da nessuno dei matrimoni dei tre figli sarebbe scaturito il tanto sospirato erede (Ferdinando era gravemente malato ed impossibilitato a generare, Anna Maria Luisa dopo alcuni aborti non aveva più avuto gravidanze, Gian Gastone era rientrato a Firenze nel 1708 con la ferma intenzione di non incontrare mai più Anna Maria Francesca), nel 1709 Cosimo tentò un’ultima mossa disperata, costringendo il fratello Francesco Maria, già avanti negli anni, ad abbandonare la veste da cardinale per sposare la giovane Eleonora Gonzaga Guastalla; tuttavia neanche da questa brevissima unione nacquero figli, e Francesco Maria, provato da svariati problemi di salute, si spense appena un anno dopo le nozze ponendo definitivamente termine alle speranze del fratello. Nel 1713 morì anche Ferdinando, precedendo nella tomba entrambi i genitori, e nel 1716 fu la volta di Giovanni Guglielmo. Anna Maria Luisa, rimasta vedova, tornò in Toscana. Nella capitale del granducato lʼattendeva una situazione estremamente difficile e complicata. (continua: seconda parte – Barbara Prosperi)