Nei giorni scorsi è stato annunciato il ritrovamento della più antica opera di Leonardo da Vinci, il genio del Rinascimento italiano le cui radici affondano nel territorio mediceo, in quanto la nonna paterna che lo allevò e lo accudì, monna Lucia, era originaria di Bacchereto dove la famiglia possedeva una fornace. L’opera in questione è una piastrella in maiolica invetriata di forma quadrata (di 20 centimetri per lato), appartenente ad una collezione privata, che rappresenta l’arcangelo Gabriele e che per le caratteristiche della sua composizione povera di quarzo sembra provenire dalla zona compresa proprio tra Bacchereto e Montelupo Fiorentino.
Ad effettuare la scoperta è stato il professor Ernesto Solari, studioso di Leonardo ed autore di alcune pubblicazioni riguardanti la produzione plastica dell’artista, il quale ha affermato di essersi deciso a dare la notizia dopo tre anni di studi ed accertamenti, dopo aver consultato oltre seimila pagine di documenti e dopo aver sottoposto il manufatto a svariati esami di tipo scientifico, tra cui si annoverano la termoluminescenza, la stratigrafia dei pigmenti e l’analisi riflettologica. Il responso di queste indagini pare indicare una datazione relativa al XV secolo, elemento che in apparenza concorda con quanto affermato dal professore, il quale peraltro ravvisa nella figura dell’arcangelo un autoritratto dello stesso Leonardo.
Secondo Solari infatti la quadrella riporta in forma criptata l’indicazione cronologica del 1471 e una iscrizione con firma autografa del pittore, a favore della cui autenticità si è espressa la dottoressa Ivana Bonfantino, grafologa di chiara fama. Se le cose stanno così la data del 1471 ne fa dunque la più antica opera conosciuta di Leonardo, precedente al celebre disegno del “Paesaggio con fiume” datato 5 agosto 1473, che il prossimo anno sarà trasferito dal Gabinetto dei Disegni e delle Stampe degli Uffizi al Museo Ideale Leonardo da Vinci per una esposizione temporanea organizzata in occasione del cinquecentenario della morte dell’artista.
La stampa specializzata e il mondo accademico hanno tuttavia accolto con non poche riserve la notizia del ritrovamento, che ha suscitato numerosi dubbi e perplessità. Anche presupponendone la realizzazione da parte di un artista molto giovane (nel 1471 Leonardo aveva appena diciannove anni), la qualità della piastrella appare in effetti molto modesta per un pittore di eccezionale levatura come il genio di Vinci, che di lì a breve avrebbe collaborato al “Battesimo di Cristo” del Verrocchio dipingendo una testa d’angelo di straordinaria finezza e sapienza esecutiva.
Inoltre diversi studiosi hanno ipotizzato che la quadrella possa essere un oggetto di fine Ottocento o addirittura di inizio Novecento, risalente cioè all’epoca in cui in Italia e in Europa si diffuse la moda delle opere neogotiche e neorinascimentali, che nel nostro Paese venivano prodotte in notevole quantità da appositi laboratori artigiani e poi vendute tanto alla popolazione residente quanto ai turisti; a tal proposito è stato anche avanzato il nome di Aldo Ajò, un ceramista di Gubbio particolarmente attivo tra gli anni Venti e Trenta del XX secolo.
Infine è opportuno sottolineare il fatto che la mattonella non è stata sottoposta alle controprove che la procedura adottata dalla comunità scientifica internazionale solitamente esige prima che venga dato l’annuncio di scoperte di considerevole rilevanza come questa. Tra i tanti accademici che si sono espressi negativamente sulla questione si segnala Martin Kemp, professore emerito di Storia dell’Arte all’Università di Oxford, che in un articolo apparso sul quotidiano britannico “The Guardian” ha affermato che “le probabilità che l’opera sia di Leonardo sono meno di zero”.
Anche Alessandro Vezzosi, direttore del Museo Ideale di Vinci ed esperto conoscitore dell’artista sul quale sta conducendo ricerche approfondite da almeno quarantacinque anni, che abbiamo interpellato a pochi giorni di distanza dalla conferenza stampa tenuta da Ernesto Solari, ha dichiarato in maniera perentoria che “si può solo condividere le affermazioni indiscutibili degli studiosi che attribuiscono attendibilità zero alla notizia”. (Barbara Prosperi)