La successione di Ferdinando al granducato dopo la morte del fratello avvenne in maniera tranquilla. Ferdinando ordinò l’autopsia sul corpo di Francesco e della moglie Bianca Cappello, che morì il giorno immediatamente successivo ma con lei volle cancellare ogni ricordo predisponendo l’immediata sepoltura nella cripta sotterranea di San Lorenzo, escludendola così dai funerali solenni organizzati in memoria del fratello. Si assicurò anche che il nipote Antonio, nato dal legame con Bianca Cappello, non avesse nulla da pretendere oltre ai beni e alle rendite di cui era già stato dotato.
Nel mese di ottobre 1587 fu acclamato capo della Repubblica fiorentina con una modalità pubblica che definiva la natura cittadina e non feudale del granducato, tanto che Ferdinando andò sempre fiero del titolo di principe e la città vedeva con favore il nuovo granduca che poteva assicurare una rete di amicizie importanti. Dal fratello ereditò un vasto patrimonio fondiario e minerario e ricchezze mobiliari che gli permisero di svolgere attività mercantili e di prestito finanziario, da cui poté ottenere profitti personali ingenti ed un forte potere politico. Nel 1589 abbandonò l’abito cardinalizio e sposò Cristina, figlia di Carlo duca di Lorena, e a Firenze seguì un mese di solenni festeggiamenti.
Da un punto di vista politico Ferdinando cercò di riappacificare i rapporti con Venezia e per quanto possibile influenzò le vicende religiose romane. A livello internazionale mantenne buoni rapporti formali con la Spagna, ma a differenza del fratello non la scelse mai come unico paese alleato. In maniera spregiudicata cercò anzi di ostacolare l’estensione del potere spagnolo in Europa sostenendo la Francia e anche l’Inghilterra alla quale era legato da rapporti commerciali.
La sua politica europea ebbe un taglio essenzialmente commerciale focalizzato sullo sviluppo urbano delle città di Pisa e di Livorno. Pisa continuò ad essere la sede dell’Ordine dei Cavalieri di Santo Stefano ed un porto difensivo come era stata ai tempi di Cosimo I, mentre Livorno era centro di esportazione commerciale e divenne anche un punto di riferimento per l’importazione del grano.
Nel 1590 Ferdinando ordinò la costruzione della nuova fortezza che fu portata a termine nel 1597 e la revisione del sistema delle fortificazioni sulla base dei disegni realizzati da parte di Bernardo Buontalenti e sotto la supervisione di Giovanni de’Medici, che era figlio naturale di Cosimo I. Nello stesso anno fu ingrandito anche il porto, per il quale fu ripreso il progetto che Buontalenti aveva elaborato per Francesco.
Contemporaneamente Ferdinando lanciò un progetto per il popolamento e lo sviluppo di Pisa e di Livorno. Ai bandi che erano diretti ad attrarre le maestranze necessarie per i lavori di costruzione del porto livornese, se ne aggiunsero altri noti come le “Livornine”, che garantivano a coloro che si fossero insediati nella città e vi avessero portato la propria attività esenzioni fiscali ed immunità da condanne. Trasformò così la città in un porto franco per numerosi Ebrei spagnoli che erano stati espulsi dalla Spagna nel 1492 e per altri stranieri.
Per mantenere inalterati gli equilibri con la Spagna e la Francia Ferdinando cercava di agire su entrambi i fronti. Da un lato caldeggiò ampiamente il matrimonio tra Enrico IV e Maria dei Medici, che era figlia di Francesco, così da avere libero ingresso nella corte francese e dall’altro cercò di non inimicarsi ulteriormente il nuovo sovrano spagnolo, Filippo III, sponsorizzando il matrimonio del primogenito Cosimo con Maria Maddalena d’Austria come richiesto dalla regina spagnola.
Nella nuova situazione internazionale continuò tuttavia a svolgere una intensa attività marittima nel Mediterraneo. I rapporti con l’Inghilterra restarono sempre buoni, Ferdinando voleva attirare nei propri domini esperti di navigazione e di scienze marittime, ed intrattenne salde relazioni con Giacomo I Stuart, successore della regina Elisabetta I.
Nella politica interna Ferdinando si mostrò fedele alle tradizioni del padre, in particolare alle leggi, ma anche capace di introdurre innovazioni e di mantenere l’ordine pubblico con campagne dirette ad eliminare i fenomeni di banditismo. Riconobbe un ruolo centrale e prestigioso alla corte granducale, stabilmente insediata a Palazzo Pizzi, che divenne la nuova dimora principesca e si servì di un apparato provinciale di funzionari e di auditori che si era già radicato sotto Cosimo I e Francesco.
Si dedicò al commercio del grano e alla cura delle proprietà terriere, ordinando la bonifica dei terreni da Pisa a Fucecchio e dalla Valdichiana alla Valdinievole. Tutto ciò comportò la valorizzazione del patrimonio mediceo: per essere fedele al passato della famiglia Ferdinando fu un raffinato mecenate e completò il sistema delle ville medicee, facendo costruire le ville di Artimino e dell’Ambrogiana.
I suoi interventi architettonici, molto costosi, riflettevano la sua attenzione al complesso patrimoniale mediceo e la volontà di segnarlo attraverso una presenza molto definita. Per aumentare il prestigio di Firenze e dare prova del potere mediceo fece costruire il teatro nel Palazzo degli Uffizi ad opera di Buontalenti ed il Forte Belvedere che sarebbe stato la fortezza difensiva della città. Da un punto di vista artistico volle due statue, quella del padre in piazza della Signoria e la sua in piazza Santissima Annunziata e chiese l’allestimento di spettacoli musicali nella corte fiorentina.
Se Firenze è stata una città culturale e Pisa la sede dell’università e del collegio, è stato merito di Ferdinando. Morì a Firenze il 3 febbraio 1609 ed ebbe nove figli insieme alla moglie Cristina di Lorena, che fu sempre sua collaboratrice. (Valentina Cirri)