Settembre a Carmignano non significa per l’agricoltura soltanto vendemmia. Esiste infatti una produzione minore, a carattere tradizionale, che viene svolta ancora manualmente e tramandata di padre in figlio. Dal 2007 della produzione di fichi secchi si occupa un’associazione che si è data un metodo, attraverso un disciplinare di produzione, per salvaguardare la tradizione. All’inizio erano dieci produttori, ora diciannove. Per capire cosa è cambiato negli anni abbiamo incontrato Siro Petracchi, carmignanese e presidente dell’associazione dei produttori di fichi secchi di Carmignano.
“Produttori di fichi secchi non si nasce ma si diventa”, racconta Siro Petracchi. Come dire: il fatto che la produzione appartenga alla tradizione non ne fa un recinto chiuso. “L’associazione – prosegue – in questo ha fatto tanto, permettendo a nuovi agricoltori di iscriversi e di imparare l’attività, che continua ad essere tradizionale e tramandata di generazione in generazione”.
La tecnica di lavorazione carmignanese dei fichi secchi, descritta anche da Columella nel De Rustica, è rimasta invariata rispetto al passato. Circa il 90% della coltivazione è costituita dalla varietà (cultivar) del dottato, il fico bianco destinato all’essiccazione. I frutti del dottato vengono raccolti da metà agosto, spaccati longitudinalmente e posti su stuoie di canniccioni sotto l’effetto dell’anidride solforosa. Di giorno i frutti sono collocati in pieno sole, mentre di notte sono riposti al chiuso per non perdere l’effetto del trattamento. Infine, i fichi essiccati sono “appicciati” in modo che le picce acquisiscano la forma ad otto per essere poi “anaciati” con semi di anice nel mezzo.
Rispetto al passato l’unico dato che è variato riguarda i volumi di prodotto. Paradossalmente, quando c’erano meno strumenti e meno tecnologia a disposizione, si produceva di più rispetto ad oggi. L’attuale tendenza infatti è quella di contenere i costi della manodopera, per cui l’attività comporta notevoli energie a livello fisico perché continua ad essere svolta a mano.
La media è di 15-20 quintali di fichi secchi ogni anno : una produzione ancora di nicchia. Nel 2014 sono stati appena sette i quintali prodotti, per colpa soprattutto della pioggia incessante chr c’è stata durante l’estate. Del 2015 mancano ancora dati definitivi. “Ma può essere definita un’annata di ‘chiaroscuro’- continua Siro – perché rispetto all’anno scorso la produzione è aumentata, nonostante il caldo estivo abbia messo in difficoltà le coltivazioni di alcuni produttori che lavorano su terreni che sono già aridi per loro natura”.
“Di fichi secchi non si può vivere – racconta ancora Siro -, la produzione infatti è rimasta marginale rispetto a prodotti come l’olio e il vino, ma ha ottenuto nel 2001 un riconoscimento come presidio Slow Food”. Il presidio Slow Food ha la funzione di preservare la tipicità di un prodotto contro la produzione industriale ed omologata. Il fico secco di Carmignano infatti è unico nel suo genere, non solo per la lavorazione ma anche per le caratteristiche che lo rendono diverso rispetto agli altri fichi italiani, come il fico mandorlato di San Michele Salentino e il fico secco del Cosentino. Il fico secco di Carmignano ha un gusto equilibrato, merito dell’anice che smorza l’aggressività del dolce, e una consistenza più morbida e pastosa.
Il presidio Slow Food ha aperto ai produttori carmignanesi diverse porte, prima fra tutte quella del Salone internazionale del gusto di Torino, un appuntamento a cadenza biennale, in cui presentare oltre ai fichi secchi anche gli altri propri prodotti e conoscere nuovi mercati. Grazie al Salone alcuni produttori hanno stretto contatti con istituti di ricerca per aumentare la qualità e la vita del prodotto, altri invece hanno trovato nuovi mercati, anche all’estero (Inghilterra, Germania, Olanda e Danimarca). I canali preferenziali di commercializzazione restano comunque la vendita diretta al consumatore e gli esercizi commerciali.
L’arrivo nell’associazione di nuovi produttori agricoli ha favorito la biodiversità. Oltre al dottato c’è chi ha lavorato per un recupero di altre varietà ottime per il consumo fresco o destinate alla produzione di confetture, come il Perticone, il Corbo, il fico di San Piero e il Pecciolo. L’associazione funziona quindi come un distretto dei fichi secchi in miniatura per preservare cultura e tradizione.
“Fare l’agricoltore ai giorni nostri non è una condizione ma una scelta di vita – conclude Siro -. Chi vive a Carmignano e si dedica all’agricoltura lo fa per lavoro e per passione, con la consapevolezza che lavorare la terra è una sfida quotidiana e un impegno per non far sparire la tradizione di questo luogo”. (Valentina Cirri)
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