Dalle colline medicee di Prato in viaggio per il mondo, che osserva attraverso le lenti della sua macchina fotografica. E’ la storia di Matteo Fortunato, artista nel suo genere, perché anche la fotografia può essere un’arte, capace di trasmettere emozioni e raccontare storie. Esattamente un anno fa, nel febbraio del 2015, Matteo ha raggiunto l’ambito traguardo di vedere un suo scatto, quello di una bambina indiana dagli occhi verdi che ti attraggono come una calamita, pubblicato sull’edizione italiana della prestigiosa rivista “National Geographic”. E’ stato un primo importante punto di arrivo ma anche un prezioso trampolino di lancio per un fotografo giovane e di corso relativamente breve come lui è.
Matteo Fortunato è nato a Prato nel 1989 e vive da sempre nella piccola frazione di Bacchereto. Dopo aver frequentato l’indirizzo di Economia Aziendale all’Istituto Professionale Francesco Datini di Prato, si è impiegato presso una ditta metalmeccanica di San Mauro a Signa, e parallelamente ha iniziato ad applicarsi seriamente alla nobile arte della fotografia. Tutto ha avuto principio grazie ad un regalo ricevuto a Natale del 2010, quando i suoi genitori gli hanno fatto dono di una Reflex che ha dato il via ad una passione da sempre presente in lui. Da allora Matteo si è impegnato con costanza e con tenacia per acquisire le competenze tecniche necessarie per diventare un bravo fotografo, facendo moltissima pratica e seguendo due corsi base di fotografia digitale.
Dopo qualche tempo ha deciso di ampliare i suoi orizzonti dando seguito al suo amore per i viaggi, e così nell’ottobre del 2014 ha realizzato il suo primo, importante reportage in India, nella regione settentrionale del Taj Mahal. Nelle parole di Matteo sono ancora percepibili le sensazioni vissute durante quel soggiorno, un’esperienza che si è incisa in maniera profonda nei suoi ricordi e nella sua anima. “Per circa due ore dal mio arrivo non sono stato in grado di fare niente, non sono riuscito a scattare nemmeno una foto, ero rimasto paralizzato di fronte alla smisurata miseria che vedevo intorno a me – racconta con trasporto -. Poi ho osservato i bambini giocare in mezzo alla strada e mi sono sbloccato. Ridevano e sui loro visi si leggeva la gioia. A quel punto non ho potuto fare a meno di riflettere e di interrogarmi, chiedendomi perché loro non hanno niente e sono felici, mentre noi abbiamo tutto e viviamo in un perenne stato di insoddisfazione”.
In quell’occasione è nata la fotografia apparsa sulle pagine del “National Geographic”. “Ho visto questa bambina dagli occhi incredibili girarsi verso di me ed ho fatto immediatamente due scatti in rapida successione – ricorda Matteo -, uno perfettamente riuscito e l’altro sfuocato. Il caso ha voluto che quello buono fosse quello a fuoco. In quel frangente ho colto un attimo irripetibile. Infatti subito dopo la bambina si è messa a piangere a dirotto e non è più stato possibile fare altre foto. In questo mestiere è importante la preparazione tecnica, ma gioca un ruolo determinante anche la fortuna, trovarsi nel posto giusto nel momento giusto, prendere al volo le opportunità che si presentano”. L’immagine, che ha pertinentemente originato un calzante paragone con la celebre “Ragazza afghana” di Steve McCurry, si impone per il potente impatto visivo ed emozionale e continua a riscuotere un crescente successo sia tra gli addetti ai lavori che tra i semplici appassionati.
Dopo l’India è stata la volta degli Stati Uniti d’America. A New York ha fotografato i vasti panorami urbani caratteristici della metropoli americana, i vertiginosi grattacieli, i personaggi estrosi che popolano le strade delle Grande Mela. Ci tornerà ad agosto. Quindi c’è stato il viaggio in Islanda, sfidando il freddo, il vento e la piogga incessante. “Lì la natura è rimasta ad uno stadio incontaminato, aspro, selvaggio – spiega -, è una terra fatta di spazi sterminati e di paesaggi che tolgono il fiato. Ho fotografato cascate e ghiacciai, iceberg e spiagge, riuscendo anche a catturare arcobaleni ed aurore boreali”. Mondi diversi, sensibilità diverse e un bagaglio professionale che nel tempo si accresce.
Matteo ha un nutrito elenco di Paesi in cui desidera andare. “Sicuramente voglio tornare in India – confessa -, poi devo assolutamente visitare la Cina e soprattutto l’Africa. Purtroppo i viaggi sono molto costosi e per il momento posso contare soltanto sull’impiego nell’azienda metalmeccanica per finanziare la mia passione”.
“Il mio sogno nel cassetto – conclude Matteo – è quello di riuscire a fare della fotografia e dei viaggi un vero e proprio lavoro. In cima alla lista dei miei desideri c’è naturalmente quello di ottenere un contratto con il “National Geographic”, rivista che pubblica esattamente il genere di fotografia che piace fare a me.” Il giovane fotografo propone di continuo i suoi lavori alle loro selezioni, e spesso riesce ad entrare nella rosa dei migliori scatti del mese. Nel frattempo continua a studiare e perfezionarsi, collezionando mostre e pubblicazioni. “Di imparare non si finisce mai – sottolinea -, e bisogna sempre avere la modestia di rimettersi in gioco. Del resto nella mia condizione non ho ancora niente da perdere”. “L’umiltà – asseriva l’intellettuale Marcel Aymé – è l’anticamera della perfezione”. (Barbara Prosperi)
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