Esportò all’estero il frutto delle viti di Carmignano, facendolo conoscere ed apprezzare a personaggi di chiara fama come il presidente degli Stati Uniti d’America Thomas Jefferson. Tra i tanti appassionati del vino delle colline del Montalbano pratese si segnala il poggese Filippo Mazzei, di cui quest’anno si festeggia il bicentenario della morte. Di Jefferson fu intimo amico, socio in affari e consigliere di agronomia, e nella tenuta che acquistò durante il suo soggiorno in Virginia impiantò con grande cura svariati vitigni provenienti dalla Toscana. Convinse anche un contadino di Carmignano a vinificare in modo diverso, superando quel ‘mal di mare’ che, a differenza del vino di Artimino, rendeva il nettare carmignanese poco adatto ai lunghi viaggi.
Filippo Mazzei nacque a Poggio a Caiano il 25 dicembre 1730 da Domenico Mazzei ed Elisabetta del Conte. Discendente dalla illustre dinastia che aveva già dato i natali al famoso notaio Ser Lapo.
Filippo iniziò gli studi nella città di Prato e li proseguì nella vicina Firenze, dove nel 1747 cominciò a frequentare i corsi di medicina e chirurgia presso l’ospedale fiorentino di Santa Maria Nuova, da cui fu però espulso intorno al 1751 per essersi macchiato del reato di miscredenza.
In seguito a questo fatto e a una serie di dissapori sorti con il fratello Jacopo in merito alla gestione del patrimonio di famiglia, nel 1752 traslocò a Pisa e da lì si spostò a Livorno, intraprendendo con notevole successo l’attività di medico. Dopo appena due anni abbandonò la città portuale e si trasferì a Smirne, in Turchia, dove si diede ad esercitare la professione di chirurgo insieme ad un medico di origine ebraica conosciuto a Livorno, ma da lì a poco si mise nuovamente in viaggio alla volta dell’Inghilterra.
Nel 1756 si stabilì a Londra, e dopo un primo periodo caratterizzato da pesanti difficoltà di tipo economico, durante il quale cercò di sbarcare il lunario impartendo lezioni di lingua italiana, nel corso dei successivi quindici anni riuscì ad accumulare ingenti ricchezze attraverso il commercio dei prodotti alimentari provenienti dall’area mediterranea, in primo luogo il vino toscano, tra le cui diverse varietà figurava anche quello di Carmignano, introducendosi progressivamente all’interno dei più prestigiosi salotti dell’alta borghesia britannica.
Durante un viaggio d’affari compiuto in Toscana nel 1765, venne denunciato al Tribunale dell’Inquisizione con l’accusa di aver importato sul suolo italiano dei libri proibiti e prontamente condannato all’esilio. Evidentemente gli ideali legati alla corrente filosofica illuministica e la smania di libertà in campo religioso che animavano il Mazzei, ampiamente tollerati nella Londra del XVIII secolo, non erano ancora ben accetti nel nostro Paese, pertanto non gli rimase altro da fare che affrettarsi a rientrare precipitosamente in Inghilterra: lì, a Londra, dove era solito organizzare tra amici e commensali anche ‘degustazioni alla cieca’. Celebre l’anedotto in cui racconta come a casa del signor Neave il Carmignano battè Borgogna e Bourdeaux.
L’anno seguente all’esilio tuttavia il granduca Pietro Leopoldo di Lorena revocò il bando e gli accordò il permesso di rientrare in patria.
Nel 1767 entrò in contatto con i circoli politici radicali di John Wilkes e con alcuni agenti attivi nelle colonie inglesi del Nordamerica, tra i quali si legò in particolare a Benjamin Franklin e Thomas Adams, che nel giro di qualche anno avrebbero ricoperto un ruolo da protagonisti nell’ambito della Rivoluzione americana. Invitato dagli amici residenti oltreoceano, spinto dalla sua innata irrequietezza, incuriosito dalla novità rappresentata dalle colonie americane, e motivato dalla prospettiva di impiantare inedite coltivazioni nelle terre del cosiddetto Nuovo mondo, nel 1773 Filippo approdò in Virginia.
Prima di trasferirsi in America però fece tappa in Toscana, dove si rifornì di sementi, piante, attrezzi ed animali ed arruolò agricoltori, setaioli ed artigiani di provata esperienza. A lui si unì anche l’amico Carlo Bellini, destinato a diventare il primo docente di italiano in una università statunitense, il College of William and Mary della Virginia, e la vedova Maria Martini, che Mazzei sposò nel 1778. Benché fosse diretto verso un’altra meta, si fermò nella contea di Albemarle per andare a trovare Thomas Jefferson, che abitava in una proprietà denominata Monticello ed intratteneva già da tempo con il medico italiano una interessante corrispondenza epistolare.
Su suggerimento di Jefferson, che lo sollecitò a trattenersi in loco, Filippo acquistò una tenuta che battezzò significativamente con il nome di Colle, in onore di Colle Val d’Elsa, e che ampliò progressivamente anche attraverso l’acquisizione di una parte della proprietà dell’amico. Si dedicò alla produzione del vino, dell’olio, degli agrumi e della seta ed avviò con Jefferson un sodalizio di natura commerciale, anche se ciò che lo univa al futuro presidente degli Stati Uniti d’America era principalmente un forte legame di tipo intellettuale, basato sulla condivisione degli stessi ideali etici e di una comune visione politica.
Se da un lato il Mazzei introdusse in Virginia coltivazioni ed allevamenti appartenenti alla tradizione europea, dall’altro si occupò anche di esportare al di là dell’Atlantico ingenti carichi di grano e tabacco provenienti dall’America, che indirizzò prevalentemente verso la Toscana, ed in definitiva riuscì brillantemente nel commercio internazionale, che per le sue casse si rivelò estremamente fruttuoso. Ma per quanto fosse arrivato nel Nuovo mondo con intenzioni puramente imprenditoriali, le persone che vi conobbe e vi frequentò finirono ben presto per coinvolgerlo nella ribollente vita politica della colonia americana.
Eletto oratore della locale assemblea parrocchiale dopo soli sei mesi dal suo arrivo in Virginia, ebbe modo di esporre le sue idee in materia di religione, morale e politica a un vasto pubblico di uditori, ed un suo scritto – “Instructions of the Freeholders of Albemarle County to their Delegates in Convention”, redatto come una sorta di manuale di istruzioni indirizzato ai delegati della contea di Albemarle, in occasione della convenzione autoconvocatasi dopo lo scioglimento forzato dell’assemblea della Virginia imposto dal governatore inglese – fu utilizzato da Thomas Jefferson come bozza per il primo tentativo di scrittura della Costituzione dello Stato.
Fu inoltre autore di appassionati libelli contro la dominazione britannica, inneggianti alla libertà, all’uguaglianza ed alla fraternità universale. Alcuni di questi scritti furono tradotti in inglese da Jefferson, che rimase talmente influenzato dagli ideali espressi dal socio da trasporre alcune delle sue frasi nella celebre “Dichiarazione di indipendenza degli Stati Uniti d’America” del 4 luglio 1776. Il fatto che il clima ed il terreno della Virginia si fossero dimostrati poco adatti alle viti ed agli olivi, ma soprattutto l’eccezionale gelata che nel 1774 distrusse gran parte delle coltivazioni impiantate con tanta fatica da Filippo lo spinsero ad introdursi ancora più a fondo nella vita politica statunitense.
Naturalizzato cittadino della Virginia, combatté come volontario nelle prime fasi della Guerra di indipendenza americana, e nel 1779 fu inviato in Europa per cercare di ottenere prestiti in denaro e merci, acquistare armi e carpire informazioni militari utili nei confronti della nascente nazione. In questo periodo scrisse altresì numerosi articoli, fece significativi interventi pubblici e tentò di avviare rapporti commerciali e politici tra il Vecchio continente e la Virginia. Per tali servizi fu ufficialmente retribuito dalle casse statali dal 1779 al 1783.
Rientrato in America in quello stesso anno, malgrado le sue aspettative dovette confrontarsi con la delusione di non essere stato nominato console. Ricevette in compenso l’incarico di amministratore della contea di Albemarle, ma due anni più tardi decise di lasciare definitivamente il suolo americano, pur continuando a mantenere contatti epistolari con molti di coloro che vengono definiti i “padri della patria” statunitensi ed in particolare con Thomas Jefferson, che ebbe modo di reincontrare successivamente a Parigi. Sua moglie Maria rimase fino alla morte, avvenuta nel 1788, nella tenuta del Colle, che Mazzei aveva precedentemente donato alla figlia adottiva, Margherita Maria Martini, e al di lei marito, il francese Justin Pierre Plumard, conte de Rieux. (Barbara Prosperi)
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