Domenica 21 febbraio a Seano sfilerà il drago per le vie del paese e si festeggerà l’ingresso nell’anno della scimmia, “hou” in cinese. “Ma non esiste un segno zodiacale più fortunato di un altro – dice Tony -. Per tutte le scimmie l’anno in corso rappresenta semmai una prova, dopo la quale ci saranno altri undici anni più tranquilli”. Dodici segni, un segno per ogni anno e poi di nuovo tutto daccapo.
Tony Zhou, 43 anni, è un membro della numerosa comunità cinese che vive sul Montalbano, che conta almeno seicento residenti e quasi la metà di tutti gli stranieri che vivono a Carmignano. E’ un imprenditore. E’ anche il vice presidente dell’associazione buddhista della comunità cinese di Prato; ed è lui a svelarci il significato di quella variopinta sfilata del drago, che anche Carmignano da alcuni anni ha imparato a conoscere, è lui a raccontarci cosa accade prima e ‘dietro le quinte’, in quei quindici giorni che separano la fine vera e propria del vecchio anno e la festa delle lanterne, le origini della festa di primavera (Chun Jie), i riti e le antiche tradizioni che ancora oggi sopravvivono.
“Nell’antica Cina il drago era la personificazione del potere dell’Imperatore – attacca – Era ricamato spesso anche sulle stoffe. Nella cultura popolare era invece associato all’elemento dell’acqua. Ai cinesi poveri che vivevano di agricoltura servivano sia la pioggia sia il sole perché il raccolto avesse buon esito, così, durante la festa delle lanterne che ricorre quindici giorno dopo l’inizio del nuovo anno, è consuetudine pregare il cielo affinché il drago porti la pioggia, che è rinascita e prosperità”.
Tony vive in Italia oramai da quasi ventisette anni. C’è arrivato nel 1989, quando aveva appena sedici anni – a Seano è dal 2009 – ed è originario come tanti altri cinesi pratesi della zona del Wenzhou, simile alla provincia laniera per i suoi distretti fatti di tante imprese artigianali.
“La festa di primavera inizia con il secondo novilunio dell’anno, che nel 2016 è stato lo scorso 8 febbraio – racconta Tony – e dura quindici giorni. L’ultimo dell’anno, il 7 febbraio, si chiama Chuxi, che rappresenta un animale cattivo scacciato con il colore e il rumore. Per questo abbiamo l’abitudine di vestirci di rosso e di sparare i fuochi di artificio”.
Paese che vai ed usanza che trovi, recita un vecchio adagio (italiano). Ed è così, sia pur in un mondo globale. Se nella cultura occidentale i segni zodiacali si susseguono in sequenza durante i dodici mesi dell’anno, nel calendario lunare cinese è un intero anno ad essere identificato con un segno, o meglio, per credenze religiose legate al buddhismo, con un animale rappresentativo della terra, che a sua volta ha caratteristiche psicoattitudinali diverse in base all’elemento terrestre – legno, fuoco, terra, oro o acqua – al quale è associato. I segni sono dodici e dunque ogni dodici anni il ciclo si ripete.
Accanto alle differenze ci sono però anche tratti comuni. Così in maniera affine alla cultura occidentale anche i cinesi festeggiano l’ultimo giorno dell’anno con una cena in famiglia, che riunisce tutti, dai bambini ai nonni.
“Durante la cena è tradizione che gli adulti diano in dono ai bambini delle buste rosse (yashiu) con all’interno dei soldi” spiega Tony. E’ un’usanza di buon auspicio. La somma deve essere pari e se la cifra termina in “otto” è ancora meglio, perché si tratta di un numero considerato particolarmente fortunato. Di nuovo di rosso sono addobbate le case; alla porta viene appeso un cartello con la scritta ‘Fu’ alla rovescia oppure strisce con frasi benaugurali. E’ anche pratica, in questi quindici giorni, dedicarsi alla pulizia della casa, perché buttare via le cose vecchie significa metaforicamente aprire le porte alle novità. Capita (o capitava) anche in Italia, tra gli italiani.
Pure la moda entra di diritto tra le tradizioni della festa di primavera. Dal primo giorno dell’anno si usa indossare abiti nuovi come portafortuna, soprattutto rossi anche se il colore non è obbligatorio, oppure le donne portano al polso braccialetti d’oro con nastri. Quanto alla cucina, le pietanze tipiche consumate durante le festività variano a seconda della provenienza dei cinesi. “Quelli originari del sud hanno la tradizione del nian gao – racconta ancora Tony -, un dolce di riso agglutinato servito nella variante dolce o in quella salata. E tra l’altro è una frase di buon augurio, che significa ‘crescere anno dopo anno’. Al nord invece il nian gao è sostituito dai ravioli (jiazi). Ovunque è tradizione mangiare il pesce (yu), cucinato volutamente in quantità esagerate rispetto al necessario perché l’avanzo è simbolo di fortuna e di ricchezza”.
Durante i primi giorni della festa di primavera i cinesi tendono a trascorrere il tempo in famiglia, dedicandosi alla visita dei parenti prossimi, che vengono omaggiati con dei regali. Dal quinto giorno in poi iniziano a trascorrere le giornate all’aperto, perché la festa di primavera è considerata il momento della rinascita delle persone e della natura. Il quindicesimo giorno si chiudono i festeggiamenti con la festa delle lanterne.
E’ allora che a tavola arriva lo yuanxiao, ovvero gli gnocchi di riso dolce, e che i cinesi portano in strada lanterne rosse. A Seano il protagonista assoluto della sfilata sarà il dragone di tessuto, che è considerato un simbolo fortunato, una sorta di talismano che spesso si usa toccare sul naso e che doveva portare la pioggia. Speriamo solo che non accada proprio domenica. (Valentina Cirri)