Il giorno dell’inaugurazione del Parco Museo le uniche parole che Quinto Martini disse, quando fu invitato a parlare sul palco furono: “dedico questo parco alle donne e agli uomini di tutto il mondo”. Lo ricorda la nipote Stefania Martini. Il parco di Seano, inaugurato nel maggio 1988, due anni prima della morte dell’artista avvenuta il 9 novembre 1990, doveva infatti essere, un luogo in cui ciascuno potesse ritrovarsi, e non solo le persone di Seano che Quinto aveva visto o aveva in mente da ragazzo e che hanno ispirato molte delle sue sculture.
“Il Parco Museo è nato per caso – spiega Stefania -, dopo che il sindaco Antonio Cirri chiese a Quinto una statua per abbellire la piazza IV Novembre di Seano. Lo zio propose un’idea alternativa rispetto ad una semplice statua che sarebbe rimasta isolata, lui desiderava uno spazio in cui riunire alcune delle sue opere, che dovevano rimanere inserite ed attaccate alla natura dalla quale erano state tratte”.
Per Quinto Martini le sculture erano lo specchio della sua anima, per questo motivo volle occuparsi personalmente dell’allestimento del parco realizzando i calchi in gesso delle statue e i bassorilievi e seguendone anche la fusione in bronzo che le rende leggermente diverse da quelle della casa studio.
Intorno alla pista rossa e all’interno del parco, progettato dall’architetto Ettore Chelazzi, sono collocate trentasei sculture bronzee realizzate dal 1931 al 1981. Alcune di queste non hanno una data certa, ma questa era la filosofia di Martini, per cui la bellezza dell’opera consisteva nel leggervi sopra i segni del tempo. “Il parco museo ha compiuto una rivoluzione culturale ed urbanistica all’interno della frazione di Seano – prosegue la nipote – Seano era l’unico paese del comune che aveva perso la sua caratterizzazione agraria per diventare un piccolo centro urbano e produttivo: questo portava ad identificare la produzione con l’esteticamente ‘brutto’. Non è così e il parco museo ha dimostrato che anche la pianura può avere pregio attraverso uno spazio costantemente aperto in cui chiunque lo frequenti ne diventa responsabile e custode”.
Il parco museo rappresenta un racconto sintetico dei temi cari a Quinto Martini, affrontati sia in scultura sia in pittura. Tra questi le scene di genere, come la rappresentazione della madre (A mia madre) e del padre (Paternità, Padre e figlio, Ritorno dai campi), oppure la vita quotidiana della campagna di cui coglie i momenti di maggiore umiltà delle persone del luogo (Ragazza seanese dormiente, Ragazza col sacco). Le altre opere di nudo maschile e femminile (Torso di giocatore di bocce, Alcea, Bagnante) hanno superfici levigate e forme piene e turgide, per le quali si ispira a Michelangelo e Maillol. I personaggi dei suonatori di chitarra, che si guardano ai due opposti del parco, e i mendicanti sono ispirati invece ai saltimbanchi di Picasso. Nel linguaggio di Martini non c’è però il senso di malinconia delle figure di Picasso. Infine, altro tema caro a Martini a cui dedica una mostra a Palazzo Strozzi nel 1978, è la pioggia (La pioggia, Uomo sotto la pioggia).
Per Quinto Martini era importante il legame personale ed artistico con il luogo della sua infanzia, tra le colline dove si rifugia periodicamente e in cui ha vissuto da ragazzo.
A proposito del parco museo usa queste parole: “le mie sculture vogliono prima di tutto esprimere la semplice vitalità di questa terra (…) Ognuna di queste statue risponde dentro di me con un suono diverso: diverso per il ricordo di una particolare situazione, di un particolare stato d’animo, di una diversa età. Quando vengo qui ciascuna mi parla con una sua voce, che è poi la mia del tempo di allora”.
In una testimonianza restituita dallo storico e critico letterario Mario Richter successiva alla morte di Martini il parco museo viene definito il luogo in cui l’oggi si sposa col sempre.
Dice il Richter: “l’aspetto che di quelle opere a me parve più rilevante fu la perfezione formale, fondata sulle più canoniche regole del classicismo. Ma quella forma così composta, così alta e nobile, non si chiudeva mai in un compiaciuto, egoistico appagamento di se stessa (…), ma si apriva in ogni sua parte (…) alle realtà del nostro vivere quotidiano. In particolare quelle sculture si facevano testimonianza presente e viva delle classi più popolari e disagiate, dei contadini, degli operai, degli artigiani”.
Dal 24 maggio 2013 cinque delle sculture del parco (Alcea, Natura, il Riposo del mendicante, il Gallo e la Pioggia) sono state scelte da parte di Sergey Androsov, direttore del Dipartimento di Arte dell’Europa Occidentale dell’Ermitage, per entrare a far parte di una collezione permanente nel Museo Ermitage di San Pietroburgo in Russia. Con questo ultimo folle volo Quinto Martini non è rimasto soltanto nella memoria dei seanesi, ma anche nella memoria collettiva del mondo. (Valentina Cirri)
Le foto delle sculture del parco museo: