Domenica 16 ottobre dalle 9 alle 19 torna a Carmignano, in piazza Matteotti in caso di bel tempo oppure presso i locali delle vecchie Cantine Niccolini in caso di pioggia, Benvenuto Fico Secco, uno degli appuntamenti più attesi dagli estimatori dei prodotti agroalimentari del territorio, che inaugura ufficialmente la stagione della compravendita del pregiato frutto essiccato, presidio Slow Food dal 1° dicembre 2001 .
Meno di un mese fa si è tenuto a Torino il Salone del Gusto: i fichi di Carmignano c’erano, come sempre. E da lì, dalla produzione dell’annata in corso e dalla minaccia di un parassita sconosciuto che rischia di devastare, sul Montalbano come altrove, le piantagioni presenti, inizia la chiacchierata con Siro Petracchi, presidente dell’Associazione produttori fichi secchi di Carmignano.
“La nostra presenza al Salone del Gusto si è ormai consolidata negli anni – racconta Siro –, oltre ai nuovi avventori abbiamo una clientela affezionata che torna puntualmente a visitare il nostro stand, attratta dalla qualità del prodotto proposto. Purtroppo il fatto che questa edizione sia stata anticipata da ottobre inoltrato alla fine di settembre ci ha materialmente impedito di presentare i fichi secchi, perché quelli prodotti nel 2015 per la maggior parte delle aziende erano esauriti o comunque insufficienti a coprire la richiesta dei potenziali acquirenti, mentre quelli realizzati nel 2016 non erano ancora pronti per essere messi in commercio”. “Abbiamo ovviato a questo inconveniente – prosegue – portando delle confetture e tanto materiale informativo, che è andato letteralmente esaurito nei cinque giorni della rassegna, confermando il grande interesse che si appunta sulla nostra produzione. Del resto il modo di commerciare molti prodotti è ormai cambiato, e parecchi dei nostri clienti per i loro acquisti si affidano alle spedizioni. Sono numerose quelle che da qualche anno a questa parte effettuiamo prevalentemente verso l’Italia settentrionale ed in alcuni casi anche all’estero”.
Inevitabile la domanda sulla produzione che ci aspetta. “Quella relativa al 2016 – afferma Petracchi – può indubbiamente definirsi buona, leggermente superiore a quelle degli ultimi anni, che erano risultate nettamente inferiori alla media. Le piogge abbondanti che sono cadute nella tarda primavera hanno assicurato alle piante una notevole scorta idrica per affrontare al meglio la stagione estiva, che in effetti è stata particolarmente calda e secca. Il problema principale che alcune delle aziende hanno dovuto affrontare non è stato però il fattore climatico quanto piuttosto l’invasione dei ficheti da parte di un coleottero che attacca sia gli alberi che i frutti, per debellare il quale non è ancora stata trovata una soluzione veramente efficace. Alcuni produttori sono votati al biologico ed hanno provato ad eliminare il parassita rimuovendo meccanicamente le uova e le larve visibili sulle piante, altri hanno invece fatto ricorso all’impiego degli insetticidi, ma in entrambi i casi il risultato è stato parziale e provvisorio, e in realtà siamo ben lontani da una risoluzione definitiva”.
Il coleottero responsabile dell’attacco alle colture appartiene ad una specie che nel nostro Paese non è nota, ha probabilmente origini asiatiche ed è penetrato forse attraverso l’importazione di piante esotiche come i bonsai provenienti dall’oriente, quello che è certo tuttavia è che colpisce il fico italiano, corrodendo prima il legno e consumando poi anche i frutti. La presenza del parassita sul suolo nazionale è stata rilevata per la prima volta nel 2005 in un vivaio di Pescia, successivamente nel 2008 all’isola d’Elba e in tempi recenti anche a Carmignano. E’ stato proprio Siro Petracchi a lanciare l’allarme nell’estate del 2015, chiedendo il coinvolgimento della Regione Toscana, del servizio fitosanitario e del Crea (il Consiglio per la ricerca agraria). “E’ necessaria una tempestiva attività di ricerca sulle caratteristiche di questo insetto – spiega il produttore –, perché al momento non sappiamo come combatterlo, e riteniamo che senza un adeguato trattamento possa espandersi velocemente a tutta Italia, come dimostrano le segnalazioni già pervenute dalla Liguria, dal Lazio e dalle Marche. Nella mia piantagione, che conta circa cento esemplari, l’anno scorso il numero delle piante infestate ammontava a cinque, adesso è già passato a trenta. Se non si troverà una soluzione in tempi rapidi, temo che Carmignano corra il rischio concreto di perdere uno dei suoi prodotti tipici, importante risorsa per l’economia locale e prestigioso veicolo di promozione per l’immagine dell’intero territorio”. (Barbara Prosperi)