Venerdì 15, sabato 16 e domenica 17 settembre torna come ogni anno la festa dell'”Assedio alla Villa” di Poggio a Caiano, che fino al 1962 formava un solo Comune insieme a Carmignano. Benché l’istituzione della manifestazione sia recente (la prima edizione ha esordito infatti nel 1984), essa rievoca fatti lontani nel tempo ed intende celebrare i fasti medicei della seconda metà del XVI secolo, con uno specifico riferimento alle nozze tra Francesco I de’ Medici e Giovanna d’Austria. Anche se il matrimonio tra i due in realtà venne officiato in dicembre, l'”Assedio alla Villa” si svolge nel mese di settembre, probabilmente perché l’evento (che ha il suo fulcro nel corteo storico con i costumi cinquecenteschi e nella distribuzione del vino al pubblico che si raduna alle pendici della villa) si riallaccia come numerosi altri alla tradizione delle vecchie “Feste dell’Uva”, che avevano luogo infatti nel nono mese dell’anno, ovverosia nel periodo da sempre deputato alla vendemmia. Oggi forse le origini di tante manifestazioni non sono note, ma molte feste e sagre che si sono tramandate fino ai nostri giorni (o che ai nostri giorni sono state riattivate) vengono organizzate in settembre proprio per questo motivo.
Il delfino di Toscana
Francesco era nato da Cosimo I de’ Medici, primo granduca di Toscana, ed Eleonora di Toledo, figlia di don Pedro viceré di Napoli. Per quanto improntata a criteri di convenienza politica, la loro unione si era rivelata particolarmente indovinata e decisamente feconda: nell’arco di quattordici anni la donna aveva dato alla luce undici bambini: Maria (1540), Francesco appunto (1541), Isabella (1542), Giovanni (1543), Lucrezia (1544), Pedricco (1546), Garçia (1547), Antonio (1548), Ferdinando (1549), Anna (1553) e Pietro (1554). In qualità di primogenito maschio, Francesco venne destinato fin dalla nascita ad ereditare la reggenza del granducato, e per questo motivo ricevette un’appropriata educazione, anche se alla politica preferiva le arti figurative, le lettere, la filosofia e la scienza alchemica. Intelligente, colto, introverso, egli era solito passare giornate intere nello Studiolo di Palazzo Vecchio, un ambiente angusto, cupo, privo di illuminazione esterna e completamente ricoperto di dipinti, in cui egli scriveva, leggeva, studiava, si dedicava ai prediletti esperimenti chimici e custodiva le sue collezioni di oggetti preziosi.
I festeggiamenti per le nozze
Nel 1565 sposò Giovanna d’Austria, appartenente alla potentissima dinastia degli Asburgo. Cosimo aveva brigato parecchio per realizzare questa alleanza e non badò a spese per celebrare degnamente le nozze del figlio. La sposa giunse nei paraggi di Firenze il 16 dicembre e venne ricevuta con grandi onori nella villa di Poggio a Caiano. Per festeggiare il suo arrivo alla popolazione venne offerto vino in abbondanza, distribuito dalla fontana del cosiddetto Mascherone, che ancora oggi troneggia sull’angolo tra via Lorenzo il Magnifico e via de’ Cancellieri, e gli abitanti del paese accorsero così numerosi sotto le mura della villa da suscitare l’impressione di un vero e proprio assedio, da cui il nome della manifestazione odierna. La cerimonia religiosa ebbe luogo il 18 dicembre nella cattedrale fiorentina di Santa Maria del Fiore. Sotto la sapiente regia di Vincenzo Borghini e Giorgio Vasari la città si rivestì a festa e le celebrazioni in onore della coppia si protrassero eccezionalmente fino al Carnevale del 1566. Il matrimonio, però, non si rivelò felice. I due sposi avevano caratteri molto diversi, così come differenti erano i loro interessi, ma sopra ogni altra cosa pesava il fatto che Francesco era innamorato da tempo di un’altra donna: Bianca Cappello, che da circa due anni aveva conquistato il suo cuore.
Il colpo di fulmine
La giovane, discendente da una nobile famiglia veneziana, nel 1563 aveva abbandonato la laguna e si era trasferita nel capoluogo toscano a seguito di un grave scandalo di cui si era resa protagonista. Essa infatti si era innamorata del fiorentino Pietro Bonaventuri, praticante presso una filiale del Banco Salviati, e sfidando l’opposizione dei genitori, che non consideravano il giovanotto adeguato al loro rango, era fuggita insieme a lui nella città medicea e lì lo aveva sposato di nascosto. Il clamore sollevato dall’evento travalicò ben presto i confini della Serenissima. Francesco era curioso di vedere la fanciulla di cui aveva sentito tanto parlare; Bianca dal canto suo desiderava conoscere il delfino del granducato. Stando ai racconti dell’epoca, il loro primo incontro avvenne nei pressi di piazza San Marco, dove il Bonaventuri aveva la propria abitazione. Francesco si stava dirigendo verso le scuderie di via del Maglio e la ragazza gli gettò una rosa sporgendosi da un balcone; egli raccolse il fiore, gli sguardi dei due si incrociarono, e a quanto pare si accese la passione.
Un matrimonio complicato
La relazione divenne immediatamente di pubblico dominio. Né Pietro prima né Giovanna poi poterono far nulla per ostacolare i due amanti. Giovanna era una donna di saldi principi, dai forti valori morali, profondamente religiosa, e si mantenne sempre fedele al marito sopportando con rassegnazione i suoi tradimenti. Sebbene fosse affetta da una pesante malformazione scheletrica che le rendeva difficili tutte le gravidanze e rischiosissimo ogni parto, in un breve volgere di anni mise al mondo sei figlie: Eleonora (1567), Romola (1568), Anna (1569), Isabella (1571), Lucrezia (1572) e Maria (1575). Alla nascita di ciascuna bambina Bianca gongolava, sperando in cuor suo di riuscire a dare a Francesco il tanto sospirato erede maschio. Le cronache riferiscono che la Cappello aveva partorito una sola volta, nel 1564, generando una bambina di nome Virginia o Pellegrina (i documenti non sono concordi), figlia del Bonaventuri, e che in seguito era diventata sterile. Alcune fonti tramandano che la smania di mettersi in mostra agli occhi del granduca la portò ad inscenare una finta gravidanza, al termine della quale presentò all’amato un neonato di nome Antonio, opportunamente sottratto ad una ragazza del popolo. Era l’agosto del 1576. Francesco, raggiante, riconobbe ufficialmente il bambino e gli assegnò una dote di 150.000 scudi, il Casino di San Marco e le ville di Lappeggi e di Marignolle. Alcuni mesi più tardi venne a conoscenza dell’inganno, ma dopo un primo momento di forte collera perdonò la donna e continuò ad accudire il piccino con sollecitudine paterna. Oggi gli studiosi ritengono che Antonio fosse realmente figlio di Bianca e di Francesco, soprattutto in considerazione del fatto che quest’ultimo non ritrattò né il riconoscimento né le donazioni precedentemente elargite al bambino e lo accolse a vivere a corte.
Il figlio maschio, la morte prematura e la scomparsa di Giovanna
La gioia di Bianca fu però di breve durata. Il 20 maggio 1577 Giovanna dette finalmente alla luce il figlio maschio tanto a lungo desiderato. Per l’occasione il granduca dispensò vino e monete ai fiorentini assiepati sotto Palazzo Pitti. Il piccolo, cui fu dato il nome di Filippo, si dimostrò gracile e cagionevole fin dai primi giorni di vita e morì prematuramente il 25 marzo 1582 all’età di quattro anni e dieci mesi. Alla madre tuttavia fu risparmiato lo strazio di una simile perdita. A neanche tre mesi di distanza dalla nascita di Filippo, Giovanna era di nuovo incinta. Giunta all’ottavo mese di gravidanza, all’uscita da una funzione cadde davanti alla chiesa della Santissima Annunziata; il trauma della caduta accelerò il momento del parto, che fu fatale sia per la madre che per il figlio. Questo si presentava di traverso, e nonostante tutti i loro sforzi né l’ostetrica né i cerusici riuscirono a farlo venire al mondo. Sfibrata da oltre trenta ore di travaglio, Giovanna si spense tra sofferenze indicibili all’età di trentun anni il 10 aprile 1578. L’autopsia rivelò che il bambino era un maschio, e che nel tentativo di venire alla luce aveva lacerato l’utero materno. Le esequie si tennero il 12 aprile nella chiesa di San Lorenzo, deputata da sempre ad accogliere le spoglie mortali della famiglia Medici. I sudditi parteciparono in massa, addolorati e commossi dalla triste parabola esistenziale della principessa austriaca.
Le seconde nozze
Pietro Bonaventuri nel frattempo era rimasto ucciso, sei anni prima, nel 1572, nel corso di un agguato dai contorni poco chiari (furono in molti a sospettare il coinvolgimento della casata medicea nel misterioso omicidio). Con la scomparsa di Giovanna si apriva per Bianca e Francesco la possibilità concreta di legittimare la loro relazione, e in effetti i due non posero tempo in mezzo: il 5 giugno, appena due mesi dopo la morte di Giovanna, si unirono segretamente in matrimonio. Per motivi di decoro le nozze furono rese pubbliche soltanto un anno più tardi. I fiorentini mostrarono di non gradire la nuova granduchessa, né del resto avevano mai provato molta simpatia anche per Francesco, guardato con sospetto per via del carattere ombroso e della passione per l’alchimia, due elementi che nella immaginazione popolare avevano finito per guadagnargli la fama di mago e negromante. Bianca da parte sua era certamente una donna intrigante, ambiziosa, priva di scrupoli, disposta ad usare qualunque mezzo pur di conseguire i suoi obiettivi, comunque sia l’accusa di praticare la stregoneria che le fu rivolta all’epoca appare oggi esagerata ed ingiusta. Sulla coppia però fiorirono molte leggende dalle tinte fosche, lugubri, inquietanti, riflesso diretto dell’antipatia di cui essa godeva presso il popolo, e forse anche per questo motivo i due presero l’abitudine di trascorrere la maggior parte dell’anno nelle ville di campagna, lontano dal clima ostile della città e dagli sguardi malevoli dei sudditi.
La morte di Francesco e Bianca
La residenza che essi preferivano era quella di Pratolino, che si erano fatti progettare su misura dall’architetto Bernardo Buontalenti, tuttavia il loro nome è rimasto legato in maniera indissolubile alla villa di Poggio a Caiano, dove entrambi trovarono la morte. Nell’autunno del 1587 Francesco invitò il fratello Ferdinando, cardinale presso la curia pontificia, a raggiungerlo al Poggio per un breve soggiorno. Tra i due non era mai corso buon sangue, e per motivi di reciproca gelosia e per il fatto che il prelato aveva sempre apertamente osteggiato la cognata; invece a dispetto di ogni previsione la vacanza parve distendere e rasserenare gli animi. Mentre Francesco e Ferdinando si concedevano lunghe passeggiate, andavano a cavallo e prendevano parte a battute di caccia, Bianca si occupava di buon grado di dirigere gli affari domestici e sembrava sinceramente rallegrarsi dell’armonia che pareva essersi instaurata tra i fratelli. La sera del 6 ottobre il granduca però si alzò da tavola e si ritirò nella stanza da letto lamentando forti dolori all’addome. Di lì a qualche ora anche la moglie accusò gli stessi sintomi. Lo stato di salute dei due coniugi si aggravò progressivamente con il passare dei giorni, tanto che il 19 del mese Francesco spirò dopo una lunga agonia, seguito a breve distanza da Bianca, che lo raggiunse il 20. (Barbara Prosperi – Continua)