Fu la mia nonna paterna, Ilva Biancalani, a parlarmi per la prima volta della processione di Comeana. Lei non era mai stata figurante per il suo carattere timido e riservato ma, come ogni comeanese, amava questo evento perché “a Comeana non c’è nulla se non la processione”. Per lei era una grande festa, si preparava all’evento alcune settimane prima, addobbando le finestre della nostra casa con dei drappi viola su cui era stampata una croce dorata. A tutte le case c’erano questi drappi e io mi incantavo, con gli occhi al cielo, a vederli sventolare. Finché tutto il paese diventava, nei giorni che procedevano la processione, una grossa ed informe macchia viola.
La nonna mi raccontò che la processione cadeva sempre il giovedì santo e veniva organizzata ogni tre anni. Fu lei a spingermi a partecipare nel 1991. Avevo cinque anni ed ero nel gruppo dei bambini della parte sacra. Alla processione partecipavano più di cinquecento figuranti, non avevo mai visto così tante persone e così tanti cavalli tutti insieme. Ero avvolta da un turbinio di colori pastello e di stoffe leggere. In particolare ero attratta dagli abiti delle donne patrizie e sognavo di potere essere una di loro quando fossi diventata grande.
Sono stata figurante ininterrottamente dal 1991 fino a quest’ultima edizione e negli ultimi anni sono riuscita anche nel mio intento di fare parte delle donne patrizie. Questo evento continua ad esercitare su di me lo stesso fascino di quando ero bambina e mi emoziono ogni volta di fronte alla scena della Veronica che asciuga il volto di Gesù Cristo nella centralissima piazza Cesare Battisti. Quella era anche la scena preferita della nonna. Adesso lei non può più vedermi sfilare, eppure io continuo a essere presente. Esserci, al pari di tanti altri, mi permette infatti di mantenere intatta la tradizione e di ricordare anche chi me l’ha trasmessa. (Valentina Cirri)