Nel paese di Carmignano il teatro non è soltanto quello della festa di San Michele, che anima il paese per tre giorni nel mese di settembre. Chiuso il sipario dell’evento che trasforma la piazza della fontana in un palcoscenico e riempie le vie centrali di carri allegorici e figuranti, il teatro continua altrove. Molti rioni infatti hanno dato vita, negli anni, a corsi di recitazione per i propri figuranti con lo scopo di fare spettacolo anche al di fuori del contesto della festa. Oltre al San Michele ci sono anche altri gruppi teatrali che si formano all’interno di associazioni culturali di Carmignano.
A parlarci di queste esperienze è stato il regista Matteo Cecchini, originario di Vicchio e alla guida del rione Giallo da quattro anni. Formato all’accademia del teatro Metastasio, Matteo è attualmente regista del gruppo mugellano “Non faremo molto rumore per nulla”, conduttore radiofonico a Radio Mugello, e regista di altri due gruppi teatrali carmignanesi, “The Carmignans” in scena con “La Mandragola” il 10 giugno e “Basta che funzioni” in scena con “Un party di sole donne” il 16 giugno.
Come sei arrivato da Vicchio a Carmignano?
Ci sono arrivato per caso perché mi è stata offerta la regia del rione Giallo, che seguo da quattro anni. Sono stato accolto con molto calore dai rionali e mi sono integrato subito nel gruppo, con cui ci metteremo al lavoro per la rappresentazione che sarà portata in piazza a settembre.
Dal teatro in strada del San Michele si è formato un gruppo teatrale: puoi raccontarci la sua storia?
Tre anni fa si è formato il gruppo teatrale “The Carmignans” da una costola del rione Giallo con lo scopo di migliorare la qualità della recitazione durante la festa di San Michele. Poi da due anni il progetto è cambiato ed il gruppo, per quanto radicato ancora all’origine rionale, ha preso una sua autonomia ed attualmente conta circa dodici persone.
Qual è il progetto teatrale di questo gruppo?
Portare in scena il vernacolo fiorentino con un teatro di regia. Il primo spettacolo infatti che è stato rappresentato lo scorso 1 giugno al Circolo ‘Il Galli’ di Carmignano, era un testo di Augusto Novelli dal titolo ‘Casa mia, casa mia’. Novelli tuttavia era un drammaturgo che aveva dato dignità letteraria alla lingua toscana senza relegarla al vernacolo fiorentino, portando in scena le sue commedie in tutta Italia. Quest’anno abbiamo fatto un ulteriore esperimento, ovvero affrontare un testo cinquecentesco come ‘La Mandragola’ di Niccolò Machiavelli.
Il salto da Novelli a Machiavelli è notevole, com’è stato possibile?
E’ un salto a ritroso infatti ma non impossibile, perché ‘La Mandragola’ è un testo classico ed ancora attuale. Oltre ciò, questo spettacolo rientra nel progetto del gruppo, che è quello di indagare le origini della lingua e delle tradizioni toscane. I personaggi di Machiavelli infatti parlano con un linguaggio arcaico e desueto ma molto toscaneggiante.
Dopo ‘La Mandragola’ ti aspetta anche un’altra regia con il gruppo ‘Basta che funzioni’…
Il gruppo ‘Basta che funzioni’ è nato recentemente dopo un anno di scuola teatrale, promossa da parte dell’associazione culturale Pandora di Seano ed iniziata lo scorso ottobre. Nel corso di questi mesi il gruppo ha affrontato la domanda ‘cosa sa fare l’attore’ arrivando poi a studiare un vero e proprio testo teatrale. Sabato 16 giugno andrà in scena con il primo spettacolo ‘Un party di sole donne’ nei locali dell’associazione Pandora.
C’è un fil rouge che collega i due gruppi teatrali carmignanesi?
Non c’è un vero collegamento, perché il gruppo ‘The Carmignans’ è legato alla sfera locale e rionale mentre il gruppo ‘Basta che funzioni’ è più dedicato alla drammaturgia contemporanea.
In entrambi i gruppi qual è la tua filosofia di insegnamento?
Per imparare ad essere attori è necessario fare molta pratica di palcoscenico. Per me le persone che scelgono di fare una scuola di teatro, anche a livello amatoriale, scelgono di fare un percorso formativo e mi piace trattarle come dei professionisti. Il teatro infatti per me è un gioco serio, ha delle regole che devono essere rispettate perché la rappresentazione funzioni.
Qual è il teatro che ami fare?
Non sono a favore di un teatro propagandistico, credo però che tutto il teatro sia politico perché inevitabilmente prende posizione nei confronti dell’uomo nelle varie epoche storiche e lo indaga da vari punti di vista, che possono essere la relazione con la religione oppure con il lavoro, per fare degli esempi.
Non mi piace il teatro che vuol per forza dare degli insegnamenti, amo il teatro che dà delle opinioni da cui possono sorgere degli interrogativi. (Valentina Cirri)