In occasione del cinquecentesimo anniversario della morte di Leonardo da Vinci, spentosi nei pressi di Amboise il 2 maggio del 1519, sono state allestite mostre, presentati restauri e proposte notizie inedite sul grande artista toscano, che aveva nelle vene un quarto di sangue carmignanese ereditato dalla nonna paterna, Lucia, originaria di Bacchereto. In alcuni casi si è trattato di conferme, in altri di novità assolute, di cui a seguire vi offriamo un breve compendio.
La prima rivelazione si è avuta un anno fa, quando nel giugno del 2018 il professor Ernesto Solari ha annunciato la scoperta della più antica opera di Leonardo, una piastrella di terracotta invetriata che ritrae San Gabriele Arcangelo, a cui è seguita nel febbraio di quest’anno l’attribuzione del professor Francesco Caglioti, che ha inserito nel catalogo dell’artista una terracotta raffigurante la “Madonna col Bambino”, assegnata in passato ad Antonio Rossellino e attualmente esposta a Palazzo Strozzi nell’ambito della mostra dedicata al Verrocchio.
Mentre i due manufatti in questione hanno suscitato la perplessità del mondo accademico, soprattutto perché non esistono sicuri termini di paragone, non ci sono dubbi invece sull’autenticità del “Paesaggio con fiume” del Gabinetto dei Disegni e delle Stampe degli Uffizi, esposto al Museo Leonardiano di Vinci dal 15 aprile al 26 maggio (sostituito adesso per ragioni conservative da una fedele riproduzione), che dopo un attento restauro ha evidenziato l’utilizzo da parte dell’artista di due diversi inchiostri, relativi con ogni probabilità a due diversi momenti esecutivi, e ha confermato l’ambidestrismo di Leonardo, che gli consentiva di adoperare con disinvoltura entrambe le mani.
Il disegno, che porta la data del 5 agosto 1473, sembra essere a tutt’oggi la più antica opera certa dell’artista, che vi ha annotato non soltanto il giorno, il mese e l’anno della prima stesura, ma anche la relativa ricorrenza religiosa, che è appunto quella della Madonna della Neve, elemento quest’ultimo che ha fornito un indizio importantissimo per determinare il luogo rappresentato nella veduta, identificato in Montevettolini, dove non a caso si trova un oratorio intitolato proprio a Santa Maria della Neve. Di recente è arrivata anche la conferma da parte della tecnologia, grazie alle immagini riprese da un drone che ha sorvolato ripetutamente la zona.
Resta da chiarire cosa significhi la scritta presente sulla parte posteriore del foglio, che recita: “Io, Morando d’Antoni, sono chontento”; ma a questo enigma è stata proposta una soluzione che pare assolutamente plausibile. “Morando” infatti va probabilmente inteso non come un nome proprio di persona, ma come il gerundio abbreviato di “dimorare”, perciò alla luce di questa considerazione il senso della frase va inteso come: “Io, soggiornando da Antonio, sono contento”. A questo punto appare evidente che Leonardo in quel periodo si trovava sul Montalbano, dove stava alloggiando o a Vinci, nella casa che era appartenuta al nonno (Antonio, morto nel 1469), o a Campo Zeppi, dove la madre, Caterina, si era trasferita dopo il matrimonio con l’“Accattabriga” (al secolo Antonio Buti).
Per quanto riguarda il nonno ha gettato nuova luce sul suo passato (e di riflesso sull’influenza che questo può aver avuto sull’artista) il libro “Il DNA di Leonardo. 1. Le origini” di Alessandro Vezzosi e Agnese Sabato, pubblicato nel giugno dello scorso anno ma presentato ufficialmente al pubblico e alla stampa soltanto nel marzo del 2019, frutto di lunghe e accurate ricerche d’archivio. Per lungo tempo si è pensato che Antonio (che a differenza del padre e del figlio non era notaio) avesse sempre vissuto a Vinci campando di rendita grazie ai terreni di famiglia, mentre in realtà si è scoperto che in gioventù si era mosso tra la Spagna meridionale e il Marocco per motivi legati alle attività commerciali del cugino Frosino, accendendo forse la fantasia del nipote con i racconti dei suoi viaggi esotici e delle avventure avute in giro per il mondo, come sembra in effetti testimoniare la storia di pirati narrata da Leonardo durante il suo primo soggiorno milanese.
A proposito del periodo trascorso alla corte di Ludovico il Moro, dopo un lungo restauro è stata da poco riaperta al pubblico la Sala delle Asse, situata all’interno del Castello Sforzesco, che l’artista decorò nell’ultimo decennio del Quattrocento ricoprendo le pareti laterali e il soffitto con una rigogliosa vegetazione dipinta. Dal restauro è emersa la scoperta di una fascia muraria mai investigata in precedenza, in cui sotto svariati strati di calce bianca è stato rinvenuto l’intonaco originale di fine Quattrocento con pitture eseguite a monocromo, dalle quali oltre alla prosecuzione degli elementi vegetali si è rivelato un paesaggio raffigurato in lontananza, con case e colline che si profilano all’orizzonte.
E’ inoltre notizia freschissima la dichiarazione rilasciata da Carmen Bambach, responsabile della sezione della grafica rinascimentale del Metropolitan Museum di New York, una delle massime esperte internazionali di Leonardo, in merito alla tavola del “Salvator Mundi”, l’opera d’arte più costosa della storia, che nel novembre del 2017 è stata acquistata al costo di 450 milioni di dollari da un anonimo collezionista degli Emirati Arabi per essere esposta al Louvre di Abu Dhabi. Il quadro, sul quale si sono concentrati fin dall’inizio i dubbi della comunità accademica mondiale, non è però mai stato mostrato al pubblico e pare anzi essere sparito nel nulla, ingigantendo l’aura di mistero che già circonda il dipinto. Secondo la storica dell’arte “Chi lo ha comprato non ha fatto un buon affare”, questo ha detto infatti la Bambach al “Guardian”, e ha poi precisato che a suo avviso si tratta di un’opera di Giovanni Antonio Boltraffio, uno degli assistenti milanesi del pittore fiorentino, “con solo pochi ritocchi” attribuibili al maestro.
Un’ultima novità riguarda infine la sfera personale di Leonardo, e più precisamente il suo stato di salute, dal momento che dalle cronache del tempo sappiamo che nei suoi ultimi anni di vita venne colpito da una paralisi che gli danneggiò la mano destra; secondo due medici italiani non fu però un ictus a menomare l’artista, ma la lesione di un nervo dovuta forse ad un trauma accidentale come una caduta. La notizia è stata resa nota da Davide Lazzeri, specialista in chirurgia plastica e ricostruttiva presso la clinica Villa Salaria di Roma, e da Carlo Rossi, specialista in neurologia presso l’ospedale di Pontedera, che hanno recentemente pubblicato sul “Journal of the Royal Society of Medicine” uno studio, le cui conclusioni sono basate sull’attenta osservazione di un ritratto di Leonardo realizzato da Giovan Ambrogio Figino e conservato (ma non esposto) alle Gallerie dell’Accademia di Venezia.
Dopo aver effettuato alcune indagini i due medici hanno appurato che il disegno è stato ricavato da un busto di marmo che replicava l’effigie del pittore, andato però perduto col passare del tempo. Nell’immagine presa in esame, eseguita a sanguigna, Leonardo appare vecchio e sofferente con la mano destra sostenuta dalla piega di una veste che funge da fasciatura, sospesa in una posizione innaturale, rigida e contratta. “Piuttosto che il ritratto di una mano deformata dalla spasticità muscolare successiva a un ictus ischemico – ha spiegato Lazzeri – ci sembra più verosimile quello di una mano con paralisi del nervo ulnare, che dalla spalla arriva fino alla mano della quale gestisce i muscoli determinanti per espletare alcuni movimenti”. L’ipotesi pare in effetti suffragata dal fatto che l’infermità alla mano destra non era associata nell’artista a deterioramento di tipo cognitivo né ad altri disturbi della sfera motoria. (Barbara Prosperi)