Si presenta come uno studio esaustivo sulla storia antica del territorio e più precisamente del borgo di Bacchereto, e soprattutto sui legami che esso ebbe con Leonardo da Vinci nel corso del XV secolo, il saggio pubblicato dal Comune di Carmignano per i tipi di Polistampa e curato da Alessandro Vezzosi, leonardista e critico d’arte, con interventi di Maria Chiara Bettini, archeologa, responsabile scientifico del Museo Archeologico di Artimino, Giovanni Roncaglia, archeologo medievista, e Agnese Sabato, storica, che nei rispettivi scritti hanno analizzato alcuni particolari e specifici aspetti della questione.
Nella prima sezione, intitolata “Prima di Leonardo”, Maria Chiara Bettini, che insieme a Giovanni Roncaglia si è occupata dell’allestimento del Museo delle Antiche Maioliche di Bacchereto, passa in rassegna le scoperte delle importanti testimonianze di epoca etrusca, rinvenute nei decenni scorsi nel comprensorio carmignanese, dislocate fra Comeana, Artimino e in particolar modo Pietramarina, località quest’ultima non lontana tanto da Vinci quanto da Bacchereto, un’area che si suppone sia stata conosciuta e visitata dal giovane Leonardo, che era solito muoversi con disinvoltura sul Montalbano.
Nella terza sezione, dal titolo “Bacchereto e la ceramica smaltata”, Giovanni Roncaglia illustra la produzione di terracotte, ceramiche e maioliche che caratterizzò la piccola frazione medicea dalla seconda metà del XIV alla fine del XVI secolo, ovvero prima, durante e dopo gli anni di Leonardo, facendo del villaggio uno dei centri più fiorenti e rinomati per questo tipo di manufatti, al fianco di Montelupo Fiorentino e di Firenze. Specialmente durante il Quattrocento le fornaci di Bacchereto, allora numerose, rifornivano con i loro prodotti le città di Firenze, Prato e Pistoia, e a conferma della maestria dei loro artigiani non furono pochi quelli che dal natio borgo del Montalbano si trasferirono nel capoluogo toscano, dove impiantarono con successo delle floride attività (tra i tanti si ricordano Tugio di Giunta e soprattutto il figlio Giunta di Tugio, che fu in rapporto con Luca della Robbia, e le cui opere figurano oggi in prestigiosi musei nazionali ed internazionali).
Tra questi due estremi si inserisce la seconda, corposa sezione, “Leonardo e Bacchereto”, suddivisa a sua volta in tre capitoli (“La fornace di Toia e “compari in Bacchereto””, “La famiglia di Leonardo a Bacchereto” e “Leonardo scultore e la “terra da far boccali”), ricchissima di testimonianze documentarie, nella quale Alessandro Vezzosi, del cui operato abbiamo già parlato tante volte su questo portale (vedi “Sulle tracce del Dna di Leonardo” di Barbara Prosperi), coadiuvato da Agnese Sabato, avvalendosi degli scritti dell’artista (presenti in svariati codici) e di documenti in parte inediti (rinvenuti prevalentemente nell’Archivio di Stato di Firenze) attesta in maniera incontrovertibile la presenza del genio nel villaggio che aveva dato i natali alla nonna paterna, Lucia di ser Piero di Zoso, la donna che lo accudì durante gli anni dell’infanzia, della cui famiglia viene ripercorsa la storia in maniera puntuale.
Zoso di Giovanni, nato nel 1334, nel 1371 viene ricordato come orciolaio in Bacchereto, dove possedeva una casa e una fornace che continuò ad essere attiva anche dopo la sua morte, sebbene il figlio Piero e il nipote Baldassarre, rispettivamente padre e fratello di monna Lucia, esercitassero la professione di notai. Nel 1482 Baldassarre cedette la gran parte delle proprietà di famiglia (che all’epoca comprendevano poderi, edifici e la già citata “fornace da orciuoli” in località Toia) al nipote ser Piero, padre di Leonardo, anch’egli notaio, ma già molti anni prima che questi beni passassero al ramo paterno l’artista era solito frequentare il borgo di Bacchereto insieme alla nonna (vedi “Leonardo bambino, tra Vinci e Bacchereto” di Barbara Prosperi), la cui famiglia di origine era rimasta in loco. Pur mantenendo i rapporti con i parenti, la donna sposandosi si era invece trasferita a Vinci, dove aveva preso dimora nell’abitazione del padre di ser Piero, Antonio, che non aveva seguito la tradizione di famiglia studiando legge ma si era dedicato all’attività mercantile prima e all’amministrazione delle sue proprietà terriere poi (leggi qui).
Nei suoi scritti (almeno in quelli che sono giunti fino ai nostri giorni, giacché è risaputo che molti sono andati perduti) Leonardo cita più volte Bacchereto, il luogo a cui dedica la più antica menzione tra quelli che certamente gli erano noti e presumibilmente praticava sul Montalbano. E’ del 1478 infatti l’annotazione in cui insieme allo zio Francesco, fratello minore di ser Piero, cui era legatissimo, il genio ricorda nel Codice Atlantico alcuni “compari in Bachereto”, mentre non si trova traccia di Vinci almeno fino al 1494. Inoltre rammenta alcune pratiche della lavorazione dell’argilla che trovavano largo impiego nelle fornaci, e che egli dimostra di conoscere per esperienza personale, mutuata probabilmente in quella della famiglia della nonna, anche se è opportuno tenere presente che anche il patrigno di Leonardo, Antonio di Piero Buti, detto l’“Accattabriga”, l’uomo che aveva sposato sua madre Caterina, possedeva una fornace nei dintorni di Vinci. (Barbara Prosperi)