Filze, registri ed antichi cabrei, pergamene e diplomi. Gli archivi privati di alcune famiglie blasonate (ma anche istituzioni) aprono le porte a privati e studiosi. Un autentico tuffo nella storia. L’appuntamento è per sabato 9 ottobre, prima edizione di “Toscana, archivi.doc”. E tra le residenze e gli scaffali liberamente accessibili – occorre chiaramente prenotarsi, entro il 6 ottobre – c’è anche l’archivio di villa Calavria dei Michon Pecori a Carmignano, unica partecipazione pratese. O meglio: ci sono anche i Bardi di Vernio, ma quell’archivio si trova assieme a quello della famiglia Guicciardini a Montespertoli in provincia di Firenze. Su Prato rimangono dunque solo i Michon Pecori.
Villa Calavria, dall’Ottocento dimora principale della famiglia e fattoria fino a non troppi anni decenni fa, sorge a Comeana in via Etrusca, su una collinetta artificiale poco distante dal tumulo di Montefortini, tanto che qualcuno ha ipotizzato che vi potesse essere stata, in antichità, anche lì una sepoltura etrusca. Il nome riecheggia antiche storie: quelle di eretici patarini fuggiti dalla Calabria nel Medioevo, tra il dodicesimo e il tredicesimo secolo. Nel Quattrocento la villa divenne un’osteria, dove pare che si fosse fermato anche Niccolò Machiavelli, lo storico e filosofo autore del “Principe”. I fiorentini conti Pecori arrivarono nel 1550 e nel Settecento acquistarono altri terreni e case a Bacchereto. A metà Ottocento la famiglia si unì ai Michon, francesi di origine (provenivano da Grenoble) ma a Livorno fin dal Seicento.
I Pecori sono stati a Firenze uomini d’arme, priori e gonfalonieri e a Carmignano sono entrati nell’Ottocento in consiglio comunale con il conte Luigi. Un altro conte, Piero, è stato sindaco nel 1911. La sua giunta era formata dai notabili del paese come il Petracchi, il cavalier Banci Buonamici. l’avvocato Giuseppe Rigoli e il cavalier Italo Campanelli. Piero fu riconfermato nel 1914, ma si dimise pochi mesi dopo.
E le storie che si nascondono e riaffiorano dagli archivi sono davvero tante: storie personali, come il diario del livornese Giuseppe Michon, ostaggio toscano nell’Ottocento in in Francia, oppure i ricordi personali e gli appunti scolastici di altri conti, liti familiari anche; storie d’azienda che intrecciano con la grande storia, con il resoconto dei danni subiti dalla fattoria durante la Seconda guerra mondiale e note di viticoltura, distinguendo tra i “vini di poggio” (più pregiati) e quelli “di piano”.
Il destino ha voluto peraltro che anche le carte del ramo principale dei Pecori Giraldi si trovassero conservate a Comeana, dove nel 1953 Giovanni Michon Pecori le ha trovate e riorganizzate.
Per i ì topi’ da biblioteca, ma semplicemente anche i curiosi ed appassionati di storia locale, l’occasione del 9 ottobre per tuffarsi dentro l’archivio è davvero ghiotta. Si può prenotare dal sito dell’Adsi, l’associazione delle dimore storiche italiane: associazionedimorestoricheitaliane.it. E’ obbligatorio il green pass. (wf)