La Battistina ed altre storie di paura
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Credenze popolari e fattucchiere di paese
A sentire gli anziani del Montalbano sono davvero tante le storie di paure e di “streghe”: di quelle che si raccontavano da nonno a nipoti, stretti attorno al focolare. E sono più di quante, magari, uno si immagini. Alcune, comunque, dominano. Così, ancora oggi, quando tra i più anziani di Carmignano si introduce l’argomento, affiora un vecchio ricordo rimosso. “Molti rammentano un nome di mala voglia – scrive in un’interessante ricerca sul Montalbano tra Otto e Novecento Fabio Panerai – e lo pronunciano con circospezione: la Battistina”.
Morta nel 1952, la donna abitava sopra la farmacia Lunetta, nell’appartamento con il terrazzino che guarda tutta la piazza. Era maestra di ricamo e molte bambine andavano da lei ad imparare. Ma dietro compenso faceva anche le carte, forniva talismani per l’amore e la fortuna, nonché fagottini e boccettine pieni di polvere da gettare sopra le persone. Attiva fin da prima della guerra, si racconta che i suoi preparati potevano servire per riavvicinare persone oppure per procurare malattie e morte. Rimedi portentosi, non senza rischi però. “Si racconta di una ragazza – scrive ancora Panerai – che si era rivolta alla Battistina perché le facesse riavere il fidanzato che l’aveva lasciata. La ragazza sposò l’uomo, ma questi non riuscì più a camminare in avanti”. Eppure, nonostante quest’aura di mistero ed in fondo di terrore che poteva circondare la donna, della Battistina si aveva in paese un giudizio positivo. “Era una signora per bene, con il denaro che guadagnava ha rilevato tutti i nipoti del marito” raccontano Mauro Bindi ed Evangelista Innocenti. Non era una “strega”, di quelle che l’allora parroco di Bonistallo segnava ed esorcizzava. Oggi cambiano i tempi ma in altre chiese del comune ci sono comunque le benedizioni. Quelle erano persone possedute, costrette da forze estranee a procurare il male contro la loro volontà. La Battistina, al contrario, preparava le fatture e le vendeva a chi le volesse usare. Di sua spontanea volontà, quasi che fosse una libera professionista.
Le “paure”, invece, non erano umane ed erano presenze che abitavano certi posti. “Prima le paure erano dappertutto – racconta lolanda Montagni, che vive a La Serra – ma nella maggior parte dei casi era la gente che faceva gli spregi”. In qualche luogo si riteneva però che realmente esistessero. Si manifestavano talvolta all’aperto sotto forma di un cagnolino che tintinnava di notte il suo campanellino appeso al collo. Assai noto quello della salita dei Renacci: il suo tintinnio annunciava spesso l’apparizione di neri e misteriosi personaggi. Poi c’erano le “paure” vicino da Marcignano, dove pare fosse affogato un uomo. Sulla strada di Frigionaia prendevano invece le sembianze di un lumino. E poi ancora a Santa Cristina e al pozzaccio, verso la Rocca, alla fonte della Bellanda e in via del Granaio. Nella “casa della paure”, a villa Trefiano, gli inquilini convivevano addirittura con ombre di camerieri e commensali che di notte portavano a giro per le stanze vassoi colmi di calici e pietanze. E neppure i luoghi religiosi erano immuni dal fenomeno. “Il babbo di don Frati raccontava che in alcune stanze della canonica di San Michele le “paure” di notte gli levavano le lenzuola di dosso” ricorda ancora Mauro Bindi. “E c’è chi in canonica diceva di vedere le ombre dei frati” aggiungeva, sempre nella ricerca di Panerai, Carolina Orlandi. (wf)