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"Samos, l'isola dove il babbo ha fatto la guerra". Valerio Palloni ricorda il padre Filiberto
Ricordi di guerra come usciti da un cassetto, scovati girovagando tra archivi e bancarelle dei mercatini dell’usato, ed una storia, con tutte le sue foto, che immancabilmente richiama alla mente dei più giovani, che quegli anni non hanno vissuto, scene, profumi e luoghi di un film come “Mediterraneo”. E’ la guerra di Filiberto Palloni, classe 1911, contadino di Campiglioli a Seano.
“Alla televisione sfilavano immagini dell’Africa, della Grecia, dell’Inghilterra e della Normandia. Lì ci sono stato, abbozzava ogni tanto mio padre – racconta il figlio Valerio – e giù poi una sequela di parole greche. Ma non gli abbiamo mai dato molto peso”. Poi Filiberto nel 1992 è morto, Valerio qualche anno dopo è andato in pensione. Ed un po’ per ingannare il tempo, un po’ per non pensare ad altro, si è trasformato in topo d’archivio e di biblioteca. Non senza sorprese. “Mio padre raccontava sempre di aver fatto il militare per cento mesi. Ed in effetti la realtà si avvicina molto a quel traguardo – spiega – Ma chi mai si sarebbe immaginato che fosse stato anche insignito con una medaglia d’oro ed una croce al merito, oltre ad essere scampato alla vendetta tedesca, dopo l’8 settembre, nelle isole dell’Egeo ed esser più tardi fuggito da un campo di prigionia nazista in Francia e portato successivamente in Inghilterra ?”. Brillano gli occhi a Valerio nel momento in cui ricorda tutte queste vicende: forse avrebbe voluto prestare più ascolto ai sussurri del padre. Dietro al tavolo del soggiorno, quattro scaffali accolgono stipati una valanga di libri sulla seconda guerra mondiale. Ma Filiberto, come molti altri giovani, aveva partecipato anche alla campagna d’Africa: partito da Napoli il 3 ottobre 1935 e tornato a casa il 13 luglio del “36. Ed è lì che era stato decorato con la medaglia d’oro, che Valerio non ha mai visto. A dicembre del 1940 venne richiamato in servizio come sergente maggiore dell’artiglieria ed il 1 gennaio 1941 – cappello da alpino, pantaloni corti in flanella e sandali – partì da Bari verso l’isola di Samos, sul fronte greco. Tornerà a casa solo il 27 gennaio 1946. Nel mezzo c’è una breve licenza di 36 giorni, la fuga alla macchia con tutta la truppa per salvarsi dai tedeschi (“regalò ad un pastore greco il suo bell’orologio – ricorda Valerio – in cambio di cibo ed ospitalità per tutti. E quelle settimane evitarono forse a mio padre e ai suoi amici di far la fine dei soldati di Cefalonia), poi la cattura da parte dei tedeschi il 22 novembre ed il trasferimento in Francia ad aprile del 1944, a lavorare lungo le ferrovie. Ad agosto Filiberto evase, il 4 settembre arrivarono gli alleati e si consegnò a loro. Fu portato a lavorare in Inghilterra, dove per uno scoppio accidentale di una mina rimase ferito e fu operato. Chiese la pensione, al ritorno in Italia, ma gli fu negata. Poi nel 1967 arrivò la croce al merito. Ma il più grande desiderio di Valerio sarebbe di andare in Grecia, a Samos dove era il padre. Un amico del figlio gli ha portato una foto: la tiene assieme ad un’altra, assai più ingiallita, scattata negli anni “40 e l’isola non sembra cambiata più di tanto. (wf)