Se vi piace l’arte e la fotografia e vi incuriosisce la natura che vi circonda e che solo all’apparenza sembra immutabile, l’appuntamento da non perdere è allo Spazio Moretti di Carmignano. E’ lì che fino al 29 novembre esporrà Carlo Cantini, che come fotografo lavora dagli anni Sessanta. Per lui la fotografia è una forma di arte e di sperimentazione, influenzata nei primi anni dalla Pop Art e poi dal concettualismo dell’artista ed amico Remo Salvadori. Cantini si interessa anche al teatro fiorentino di avanguardia, che viene portato nei luoghi quotidiani e lontano dal palcoscenico e realizza serie fotografiche dedicate ai personaggi della mitologia greca oppure con la tecnica della scomposizione dei luoghi e degli oggetti. La mostra “Abrasioni” rappresenta l’indagine sul processo di trasformazione della natura ed è stata inaugurata sabato 31 ottobre nello spazio d’arte contemporanea di Carmignano non nuovo ad ospitare lavori fotografici.
“Stavo vagando e navigando intorno all’Isola, avevo un’idea che mi coinvolgeva tra acqua e terra, ma non sapevo cosa cercavo per dare un senso a questa mia osservazione – racconta Cantini -. Il movimento dell’acqua? La solidità della terra?”. Il viaggio compiuto via mare intorno all’isola d’Elba è prima di tutto una riflessione sul ruolo della natura. Carlo Cantini è innamorato dell’isola e le sue fotografie raccontano l’elemento naturale dell’acqua, che è insieme vita e trasformazione. Negli scatti in bianco e nero, alcuni realizzati anche in serie, il soggetto è l’acqua che si insinua tra le rocce, le modella e le leviga secondo un processo che necessita di migliaia di anni per produrre effetti visibili. Eppure, nonostante la sua forza corrosiva, non c’è nessuna cattiveria. L’acqua e le rocce si adattano l’una alle altre in un rapporto di reciprocità.
Da qui appunto, le abrasioni. Abrasioni che sanno di cicatrici sulla pelle, di sale sulla ferita ancora aperta ma sono però anche Eros(ioni), quindi non solo dolore ma anche qualcosa di più dolce e amorevole, forse perché la parola in sé contiene già il termine “amore”.
Il viaggio di Cantini è anche un viaggio di scoperta delle similitudini che esistono in luoghi diversi in cui la protagonista è sempre la natura. In Tunisia realizza una serie di scatti a colori nella zona desertica in cui incontra un lago salato. In questo caso c’è un passaggio ulteriore. Non solo l’acqua compie un processo di corrosione, ma assume la stessa colorazione rossastra derivante dall’ossidazione delle rocce. “L’effetto che ne deriva, amplificato anche dal gioco del riflesso, è una contaminazione naturale tra l’acqua e la terra” afferma Raul Dominguez, curatore della mostra.
“Dove inizia la fine del mare? O addirittura: cosa diciamo quando diciamo: mare? Diciamo l’immenso mostro capace di divorare qualsiasi cosa, o quell’onda che ci schiuma intorno ai piedi? L’acqua che puoi tenere nel cavo della mano o l’abisso che nessuno può vedere?”.
In questo Carlo Cantini è molto simile ad uno dei personaggi di Oceano Mare di Alessandro Baricco. Anche lui, come il Professor Bartleboom, è alla ricerca dei limiti naturali e del confine tra acqua e terra, dove finisce l’una ed inizia l’altra.
Cantini è arrivato alla documentazione fotografica della natura dopo un lungo percorso iniziato con la scuola professionale, in cui ha studiato anche fotografia, e proseguito con l’attività in diversi studi. È stato un frequentatore dello Schema Polis di Firenze, dove ha conosciuto numerosi artisti. Ha iniziato con fotografie che riproponevano i soggetti della Pop Art, come etichette dei barattoli e lattine, ed ha proseguito sperimentando il concettualismo grazie alla collaborazione con l’artista ed amico Remo Salvadori, amante della scomposizione dello spazio. Ha poi lavorato per il teatro fiorentino di avanguardia con la serie “Dietro lo specchio”, che voleva documentare il dietro le quinte di un teatro sperimentale portato lontano dal palcoscenico nei luoghi comuni, come l’inceneritore di San Donnino, la biblioteca delle Oblate e i bagni pubblici di Firenze. Nella seconda parte della sua carriera si è dedicato alla tecnica di scomposizione e a serie incentrate su personaggi della mitologia greca, come Achille, Cassandra e Narciso. Infine, ha iniziato ad indagare la natura, prima fotografando luoghi abbandonati ed erosi dal tempo, come le ville di Arcetri, poi i giardini, come il giardino di Boboli. Le Abrasioni del tempo costituiscono l’approdo del suo percorso di navigazione tra acqua e terra. “Per me la fotografia, come l’arte, deve essere emotiva – racconta Carlo Cantini – e deve avere un preciso obiettivo che è quello di una documentazione che lasci spazio ad una interpretazione libera”.
La mostra curata da Raul Dominguez promossa dall’assessorato alla cultura del Comune di Carmignano con il patrocinio della classe di pittura dell’Accademia delle Arti del Disegno di Firenze è aperta per le visite la prima e la seconda settimana dal giovedì alla domenica dalle 16 alle 19, per le altre settimane fino a domenica 29 novembre sarà visitabile solo su appuntamento. Per le prenotazioni ci si può rivolgere all’Ufficio Cultura in palazzo comunale (tel. 055 8750231) o direttamente a Raul Dominguez al 347 9786791. (Valentina Cirri)