Contro un degrado lento e impietoso che si consuma da troppi anni l’amministrazione comunale e alcuni cittadini hanno deciso di rompere il silenzio e provare a riaccendere i riflettori sull’abbazia millenaria di San Giusto, un piccolo gioiello del gotico romano, una sentinella per secoli in mezzo ai boschi di cerri, lecci e pini quasi in cima al Montalbano, che si sta consumando sotto i colpi del tempo, delle intemperie, degli equivoci e delle pastoie burocratiche.
Così, perché dell’abbazia si parli, è stata organizzata per domenica 27 dicembre, dalle 14.30 alle 19, una staffetta dantesca per declamare le tre cantiche della Divina Commedia. L’occasione sono i 750 anni anni dalla nascita di Dante e si cercano volontari. Ci si può iscrivere on line dal sito del Comune, scrivendo a aiutasangiusto@gmail.com o chiamando il 346.0407172. Le letture dei canti saranno precedute da una breve conferenza su Dante curata dal carmignanese Adriano Bolognesi.
Se non fosse vera, la storia recente dell’abbazia sembrerebbe la sceneggiature perfetta di un film. Per più di ottanta anni, per tutto il Novecento, tutti erano convinti a Carmignano che l’abbazia appartenesse a privati. Un errore in buona fede. E invece, quattro anni fa nel 2011, si è scoperto che così non è. L’abbazia è dello Stato. Lo è dal 1893, solo che non è mai stata presa in carico. I documenti trovati nell’archivio comunale dall’assessore alla cultura Fabrizio Buricchi ed altri carmignanesi lo dimostrano. La Soprintendenza per i beni architettonici e paesaggistici per Firenze Prato e Pistoia non si è però finora interessata granché. Gli inghippi burocratici sembrano avere il sopravvento e l’edificio sta morendo.
Le vele trecentesche del transetto destro sono in parte già crollate, le bellissime absidi si stanno sgretolando. Gli intarsi in marmo verde e bianco che ne ravvivano le mura sobrie e austere appaiono opachi. Anche la cripta, quasi unica con le sue colonne, se la passa male. Non c’è più il tetto del campanile del Mille e piove dalle mura del transetto costruito con le pietre della vicina cittadella etrusca di Pietramarina.
Si cercano 30 mila euro, per la copertura e la messa in sicurezza. Basterebbero infatti questi pochi soldi, per fermare almeno il degrado dilagante. Poi ci sarebbe da iniziare il restauro. Ad una stima sommaria servirebbero almeno un milione e 200 mila euro. Tanti. Ma in fondo neppure una cifra impossibile.
L’abbazia fino a quattro anni fa e per gran parte del Novecento si riteneva che appartenesse ai conti Contini Bonacossi, che fino agli anni Settanta l’hanno anche curata. Un grande equivoco che si è trascinato per decenni: con il Comune che quindici anni fa aveva chiesto alla famiglia di donargli l’abbazia, già allora messa male, e i conti che si erano dimostrati disposti al massimo ad un comodato temporaneo o a venderla. Tutti erano convinti che la chiesa fosse davvero da due secoli privata: prima della famiglia Cinotti, che l’aveva talmente trascurata da usarla come stalla, e poi dal 1925 dei Contini Bonacossi. Una convinzione che si è rafforzata negli anni in cui il conte è diventato poi podestà.
Qualche dubbio a dire il vero era venuto a qualcuno. Al catasto il terreno su sui sorge la chiesa risulta del Comune. Ma il catasto, si sa, è pieno di errori e quella registrazione non dimostrava molto. A creare disordine ci si è messa di mezzo anche l’alluvione fiorentina del 1966: molti documenti allora sono andati persi. Una situazione ingarbugliata. Fino a quando, dopo una ricerca iniziata nel 2009 e conclusa nel 2011, dall’archivio del Comune sono saltati fuori nuovi documenti. Si è ricostruito allora che Tito Cinotti fu obbligato nel 1893 da un Regio Decreto a cedere l’abbazia e la manutenzione fu affidata al Comune. E’ stata trovata traccia anche della richiesta urgente dell’amministrazione comunale, nel 1923, per un intervento dello Stato (senza risposta). Poi nel 1925 i Contini Bonacossi acquistarono effettivamente la tenuta: sicuramente la casa colonica che sorge di fianco sulle fondamento forse del vecchio convento, i boschi e i terreni fino a Pietramarina. Ma della particella 57 foglio 39, che corrisponde esattamente all’abbazia con non più di un metro tutt’attorno, nelle pagine del fitto protocollo e nei contratti non c’è traccia. Poteva essere una svista, ma confermerebbe i dati del catasto.
Per sapere come è andata la staffetta dantesca, leggi qui l’articolo uscito sul blog del Tirreno
Per saperne di più sull’abbazia:
Le foto dell’abbazia, alcuni anni fa
Montalbano, crocevia di pellegrini
L’abbazia sperduta nei boschi del Montalbano