La Toscana concede al vino di Carmignano e al suo consorzio il Pegaso, uno dei massimi riconoscimenti del Consiglio regionale. Le celebrazioni per i 300 anni del vino di Carmignano sono iniziate ad agosto, con “Calici di stelle” in Rocca, e proseguiranno fino al 23 ottobre. La festa con tanto di torta e con il brindisi più atteso sarà in piazza a Carmignano il 24 settembre, il giorno in cui (nel 1716) il granduca Cosimo III dei Medici firmò il secondo dei due bandi che diedero vita alla prima Doc al mondo, quando ancora le Doc (e i consorzi di tutela) non esistevano. Assieme al Carmignano ne furono onorati il Chianti, il Pomino e il Vadarno di Sopra, che poi sarebbe il Rufina.
Il 16 settembre è stata però una giornata importante: un Pegaso non si riceve infatti tutti i giorni. A consegnarlo è stato il presidente dell’assemblea toscana Eugenio Giani: non solo al consorzio del Carmignano, ma anche a quello del Chianti Classico, Pomino e Valdarno, ovvero tutti e quattro i vini che per il “decoro della Nazione” il granduca dei Medici trecento anni fa decise di tutelare. E assieme al Pegaso un riconoscimento particolare è andato ai sindaci dei comuni interessati.
Carmignano non era, già trecento anni fa, solo un territorio famoso per i suoi vini e sicuramente vocato. Era anche un laboratorio vitivinicolo. Si guardava a quello che si faceva oltralpe, in vigna e in cantina. Si studiava e sperimentava, perché un grande vino ha bisogno anche di estro e ricerca, e molti degli esperimenti venivano condotti proprio nelle fattorie ‘di famiglia’ dei Medici, ad Artimino.
Giani ha spiegato che leggendo questi bandi, il primo uscito il 18 luglio 1716 e il secondo il 24 settembre, “ci si rende conto che già allora si avvertivano la pregnanza della tutela del vino e del suo buon nome e la necessità di distinguere tra i vini destinati al consumo e quelli al commercio”, i vini “commessi per navigare”. Cosimo III dei Medici delimitò i confini di produzione, diede vita ad una congregazione tenuta a verificare il rispetto di precise regole e che venissero manomessi o adulterati, “per il decoro, appunto si scriveva, della nazione”, perché i vini di Carmignano (e gli altri tre) già andavano a giro per il mondo, offerti in regalo a re ed ambasciatori o venduti, e alla loro qualità (da preservare) era legata indissolubilmente anche l’immagine della Toscana. Un grande onore ma anche un onere, ieri come oggi. (wf)