Anche se da molto tempo a questa parte l’aspetto folkloristico ha finito per prevalere su quello religioso, quella di San Michele nasce come festa di chiesa in onore del patrono di Carmignano, che da sempre lo venera come uno dei più potenti e illustri della cristianità. Scopriamo dunque chi è l’arcangelo che si celebra in paese in questi giorni e a cui è dedicato il variegato spettacolo del “teatro in strada” e il divertente palio dei ciuchi.
Creatura soprannaturale dotata di grandi prerogative, principe delle gerarchie angeliche, comandante delle milizie celesti, San Michele per la teologia cristiana è l’essere più potente dell’universo subito dopo l’Onnipotente, il Cristo e la Madonna. E’ venerato non soltanto dalla Chiesa d’Occidente e da quella d’Oriente, ma anche dalla religione ebraica e da quella islamica. Il suo nome deriva dall’ebraico Mi-kha-El, che significa “Chi è come Dio”, e compare quattro volte all’interno della Bibbia: due nel libro di Daniele (10,13 e 12,1), una nella Lettera di Giuda (1,9) e una nell’Apocalisse (12,7); ma diversi studiosi ritengono che vi siano altri riferimenti all’arcangelo sia nell’Antico che nel Nuovo Testamento, anche se non è menzionato espressamente. Egli viene considerato il protettore di Israele e della Sinagoga così come di Roma, della Chiesa e del papato, il principe degli angeli, il custode del Paradiso, colui che accompagna i morituri nel momento del trapasso e li presenta al cospetto dell’Eterno intercedendo in loro favore.
Secondo la tradizione ecclesiastica San Michele è il condottiero che sprofondò Lucifero all’Inferno, dopo che questo si era ribellato all’Altissimo. In quella occasione gli si scagliò contro con veemenza gridandogli appunto “Chi è come Dio?”, a significare che nessuno può avere l’ardire di paragonarsi al Signore. Per sottolineare il suo aspetto di combattente egli viene solitamente raffigurato in tenuta militare, spesso con la corazza, a volte anche con lo scudo e con l’elmo, e sempre con la lancia o con la spada talvolta infuocata, rappresentato sovente nell’atto di atterrare il demonio, e munito di frequente anche della bilancia, perché si dice che Dio gli abbia affidato il compito di pesare le anime dei defunti per valutare se in vita hanno compiuto più bene o più male. Di norma le sue sembianze sono quelle di un giovane di bella presenza dall’aria intrepida e dallo sguardo fiero, talora avvolto nel mantello e munito di ampie ali non di rado variopinte.
Per le sue caratteristiche di guerriero e difensore della giustizia San Michele è stato eletto patrono degli schermitori, dei maestri d’arme e delle forze di polizia, inoltre dei paracadutisti, dei radiologi e radioterapisti, e infine di tutte quelle professioni che hanno a che fare con le bilance come i commercianti, i droghieri, i farmacisti e via elencando. Il culto dell’arcangelo Michele ha origini antichissime, parte dalla religione ebraica e arriva a quella cristiana sia cattolica che ortodossa e risulta pertanto profondo, radicato e diffuso. Molti santi nel corso dei secoli hanno avuto una devozione speciale per San Michele, tra i tanti si ricordano San Francesco d’Assisi , Santa Giovanna d’Arco, San Francesco di Paola, San Francesco Saverio, San Paolo della Croce, Sant’Alfonso Maria de’ Liguori, la beata Anna Katharina Emmerick, la beata Rosa Gattorno, San Pio da
Pietrelcina, Santa Maria Faustina Kowalska ed altri ancora.
Numerose sia in Italia che all’estero le località che portano il suo nome (Sant’Arcangelo o Santarcangelo, Monte Sant’Angelo, Castel Sant’Angelo e via di seguito), moltissime le cittadine che lo hanno scelto come protettore (attualmente solo nel Bel Paese sono più di novecento le parrocchie che gli sono intitolate, mentre non ammontano complessivamente a trenta quelle dedicate agli altri due arcangeli, Gabriele e Raffaele) o che ospitano un suo santuario (tra i tanti, spesso segnati da una o più apparizioni del santo, si possono citare quelli di Costantinopoli ovvero Istanbul in Turchia, di Monte Sant’Angelo sul Gargano in provincia di Foggia, del Monte Pirchiriano in Val di Susa in provincia di Torino, di Mont Saint-Michel in Normandia). Anche Carmignano ha eletto San Michele arcangelo come proprio protettore, e il percorso singolare che ha portato a questa scelta merita di essere raccontato perché rispecchia in maniera fedele la faziosità ed il campanilismo tipici dello spirito italiano ed in particolar modo toscano.
Nei tempi antichi la prima chiesa parrocchiale del paese sorgeva all’interno delle mura del vecchio castello ed era intitolata a San Jacopo, il patrono della città di Pistoia, di cui all’epoca Carmignano subiva il giogo. Poiché mal tolleravano la dominazione dei pistoiesi, gli abitanti del villaggio decisero di edificare una nuova chiesa al di fuori della cerchia muraria castellana e la dedicarono ad un altro protettore che elessero liberamente tra i tanti santi della cristianità. La loro scelta cadde sull’arcangelo Michele, probabilmente perché nel guerriero celeste, impavido e valoroso, essi individuarono il patrono che più si addiceva al loro carattere fiero e battagliero, e cominciarono a venerarlo con grande devozione. Le celebrazioni in suo onore iniziarono presumibilmente tra il XII e il XIII secolo, ma i documenti giunti fino ai nostri giorni non forniscono elementi utili a comprendere come realmente potessero svolgersi i festaggiamenti prima del Novecento.
Nel corso dell’anno le date in cui si rendeva omaggio all’arcangelo erano due e cadevano rispettivamente l’8 maggio, giorno in cui si ricordava l’apparizione di San Michele sul Gargano, e il 29 settembre, ricorrenza canonica stabilita dal calendario liturgico per osservare la memoria dei tre arcangeli. Le celebrazioni prevedevano sicuramente rilevanti cerimonie di tipo religioso, a cui con ogni probabilità si affiancava anche qualche manifestazione di carattere civile, come si desume da alcuni atti comunali risalenti al 1539 dai quali emerge un imponente sfoggio di illuminazione. In uno di essi infatti viene menzionato un tal Giovanni detto di Buriasse di Biaso di Carmignano, Camarlingo Generale del Comune, che in virtù della sua carica aveva sborsato 13 lire e 14 soldi per l’acquisto di cera. Dalla cifra versata, davvero notevole per l’epoca, risulta evidente che la cera acquistata doveva servire per rischiarare non soltanto la chiesa ma verosimilmente anche le piazze e le strade del castello e del borgo, al fine di consentire forse lo svolgimento di processioni, parate e gare di destrezza in orario notturno. (Barbara Prosperi)