Molti dei rionali che ancora oggi si dedicano all’allestimento della festa di San Michele sono nati e cresciuti in un particolare quartiere di Carmignano. Per loro entrare a far parte del rione è stato un percorso naturale ed irreversibile, che ha finito per scandire i ritmi della vita: in particolare nel mese di settembre, in cui si concentrano i lavori alla sartoria e al cantiere. Fabrizio Buricchi (51 anni), originario di Montalbiolo – frazione appena fuori il borgo di Carmignano – ci ha raccontato i retroscena del rione celeste. Figurante da quando aveva cinque anni e poi regista dal 1990, Fabrizio ha ripercorso i suoi ventisette anni di carriera (e quattordici vittorie regalate al rione) fino al nuovo cambio di rotta che negli ultimi anni è soffiato sul San Michele e che ha portato a rimescolare le carte dei vincitori e a una nuova formula teatrale di rappresentazione in piazza.
Da quanto tempo sei nel rione celeste?
Sono dentro il rione dalla sfilata del 1971, “Le vecchie botteghe di Carmignano”, che era un rimpianto per la Carmignano commerciale e i vecchi negozi che non esistevano più. Quello è stato il mio primo anno da figurante ed ero sul carro della farmacia.
Da bambino quali erano i divertimenti legati alla festa?
Per noi bambini la festa durava tutto il mese di settembre e significava addobbare le strade del rione, come via Bagno, con le bandierine colorate, per rendere riconoscibile la zona di appartenenza. A distanza di tanti anni ricordo quel periodo e quel divertimento con grande piacere.
Anche la tua famiglia teneva alta la bandiera del celeste?
Il mio babbo è sempre stato un grande tifoso del rione, ma i miei nonni erano del rione bianco. In particolare la nonna tifava per i due rioni, perché suo fratello Icilio (Icilio Pratesi ndr) era di Comeana e cantava di poesia nel celeste. In generale la mia famiglia è stata sempre nel pubblico ed ha amato molto la festa. Io sono stato il primo a partecipare attivamente alla costruzione delle varie sfilate: sento di avere il rione nel sangue, entrare nel gruppo regia nel lontano 1990 è stato un percorso naturale.
Dopo tanti anni di esperienza, quali sono le persone che consideri ancora come punti di riferimento?
Ho avuto la fortuna di conoscere la famiglia Rigoli, che ha ideato la festa di San Michele. In particolare durante gli anni ’80 ho lavorato insieme ad Arrigo Rigoli. Mi incantavo a vederlo dipingere i carri: Arrigo era una persona sempre sorridente ed amava raccontare agli altri il suo lavoro. Un’altra persona a cui devo molto e che è stata un punto di riferimento negli anni dell’adolescenza è Guido Lenzi. Guido era un uomo molto determinato, poco disponibile anche a discutere. Fu lui che mi coinvolse nel gruppo regia insegnandomi la costruzione della sfilata.
Com’è stato il tuo esordio alla regia del celeste?
Ho un ricordo molto bello di quell’anno, anche se la prima esperienza con il gruppo regia fu molto faticosa. Era il 1990 ed il nucleo storico del rione era molto incredulo verso il progetto che gli fu presentato da quei ragazzi che di lì a poco avrebbero preso le redini delle future sfilate. L’idea era molto rivoluzionaria per i tempi e la sfilata, che si intitolava “La natura bella come i bambini”, fu costruita nell’arco di quindici giorni. All’epoca poi non c’era una vera sartoria, come quella che abbiamo attualmente nei locali degli ex Macelli alla Serra, ma c’era un gruppo di donne che lavoravano instancabilmente giorno e notte. Tra di loro c’era anche Marta Martini Lai, un’amica di famiglia che si innamorò del nostro progetto e si trasferì a casa mia per il mese di settembre per aiutarci a costruire la sfilata.
Ci fu un finale a sorpresa durante l’edizione del 1990 …
Già dopo la prima serata il rione si ricredette. La sfilata ebbe il suo successo, era fatta da ottanta figuranti e molti di questi erano bambini. Il gruppo storico del celeste lavorò per la buona riuscita delle serate successive, migliorando carri e costumi. Alla fine vincemmo e da quel momento in poi è iniziato il mio percorso, insieme ad altre persone, nella regia del rione.
Pensi che sia quella sfilata ad avere meglio interpretato lo stile del rione?
Sono molto affezionato a quella sfilata perché è stata un po’ il mio primo amore ed ha segnato l’inizio del mio nuovo percorso nel rione. La sfilata che meglio può descrivere lo stile del nostro rione a livello scenografico e sartoriale è però “Con la terra nelle mani” del 2009, che raccontava la storia della ceramica di Bacchereto. Tuttavia la sfilata a cui sono più legato e che forse ha fatto scuola per tutta la festa è “6 Agosto ‘44”. Allora nel 2006 portammo in piazza la memoria dei cinque martiri di Artimino e il risultato fu un’emozione fortissima e condivisa da tutta la piazza. Vincemmo tutte e due le volte.
Durante i ventisette anni della tua regia il rione celeste ha vinto molte volte, quale pensi sia il segreto?
Abbiamo sempre puntato a fare sfilate per così dire ‘generaliste’, cioè che potessero essere apprezzate da tutti gli spettatori. Penso che il segreto che ci ha portato più volte alla vittoria sia questo: il rione ha vissuto sempre la piazza con molta intensità, l’ha vestita di spettacolo e si è messo sempre dalla parte del pubblico, in qualsiasi punto del percorso dedicato alla sfilata.
L’anno scorso però c’è stato un finale a sorpresa con la vittoria del giallo, che ha rimescolato le carte in tavola. Pensi che la competizione sia cambiata?
La vittoria del rione giallo, che si è ripreso la vetta del podio del San Michele, ha segnato una svolta per tutta la festa. La competizione è tornata, dopo molti anni di lotta a due tra celeste e bianco, un sfida vera a quattro e questo è molto bello, perché non si saprà mai il vincitore fino all’ultimo minuto. Mi dispiace soltanto che questa competizione abbia coinciso con la trasformazione della festa in teatro in strada.
Perchè? A cosa andremo incontro?
La festa non è più un movimento di carmignanesi, è diventata una forma di spettacolarizzazione che coinvolge professionisti provenienti dal mondo del teatro e della recitazione in generale. Credo che con questo cambiamento a rimetterci sarà soltanto la festa, che diventerà altro rispetto alla sua tradizione.
Adesso lo spettacolo finisce per essere concentrato solo nella piazza: mi piaceva di più la vecchia sfilata che si snodava ed era visibile lungo tutto il percorso di gara.
E il rione Celeste come si sta adattando al cambiamento?
Il rione si sta approcciando a questa nuova sfida: per l’edizione di quest’anno i rionali si sono preparati grazie al valido supporto di Tommaso Santi, regista e sceneggiatore pratese, che ha scritto il testo di questa nuova storia. (Valentina Cirri)
“Sento di avere il rione nel sangue”
Fabrizio Buricchi racconta il celeste
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