Dallo scorso 23 settembre il Santissimo Crocifisso di Seano è tornato ad alloggiare nella sua teca sopra l’altar maggiore della chiesa di San Pietro, dopo un’assenza lunga ventuno mesi dovuta all’approfondito lavoro di restauro che lo ha interessato e dopo la grande processione in costume che ha luogo ogni cinque anni e che lo ha visto sfilare per le vie del paese. Sotto le abili mani di Francesca Spagnoli, esperta restauratrice che nel dicembre 2015 aveva accolto nel suo laboratorio fiorentino la preziosa scultura, l’opera è stata pulita dalle pesanti ridipinture accumulatesi nel tempo ed ha riacquistato un aspetto chiaro, luminoso ed elegante che ne ha messo in luce il sapiente modellato ed ha permesso di recuperare la piena leggibilità del manufatto. Complessivamente l’intervento è durato un anno ed ha attraversato delle fasi molto delicate e complesse, come ci ha raccontato nel dettaglio chi lo ha eseguito con tanta perizia e tanta cura.
Francesca Spagnoli, originaria di Cuneo, ha conseguito il diploma in Restauro dei Beni Culturali presso l’Opificio delle Pietre Dure di Firenze, specializzandosi nel settore della scultura lignea policroma. Lavora come libera professionista sull’intero territorio nazionale intrattenendo un rapporto di collaborazione particolarmente stretto con la Soprintendenza della Toscana e con quella del Piemonte, ed insegna inoltre presso l’Università degli Studi di Torino e l’Accademia delle Belle Arti di Bologna. Tra gli interventi di maggior prestigio realizzati fino ad ora spicca il recente restauro del Crocifisso sangallesco della Santissima Annunziata, lavoro che la Spagnoli si è aggiudicata dopo aver vinto il premio Friends of Florence nell’ambito del quarto Salone dell’Arte e del Restauro di Firenze. “L’intervento vero e proprio sul Santissimo Crocifisso di Seano è iniziato intorno alla metà del 2016 – ci confida Francesca in un Scuola, in un momento di pausa dal lavoro –, perché prima di poter operare direttamente sulla statua della chiesa di San Pietro è stato necessario sottoporla a svariate indagini di tipo radiodiagnostico e chimico, ed anche perché in quel periodo ero alle prese con diversi impegni che si sovrapponevano l’uno sull’altro”.
Una volta terminato il restauro del Crocifisso della Santissima Annunziata, presentato a giugno scorso, si è intensificata l’attività su quello di Seano, che dopo l’accelerazione avuta nei mesi estivi si è presentato in forma smagliante all’appuntamento con la cosiddetta Festa Grossa. Tante le novità emerse dopo la conclusione del lavoro, alcune già anticipate nei primi giorni di settembre, altre coperte dal più stretto riserbo fino al momento dell’inaugurazione. Uno dei primi elementi rivelati dagli esami di laboratorio è che la scultura è stata ricavata da legno di pioppo e non di fico, come invece ha sostenuto per secoli la tradizione popolare tramandata oralmente di generazione in generazione. Per i non addetti ai lavori è opportuno specificare che quello di pioppo, così come quello di tiglio, è il legno per eccellenza tra quelli destinati ai manufatti d’arte, dalle sculture alle tavole pittoriche, come testimonia ad esempio anche la celebre “Visitazione” del Pontormo, conservata nella pieve di San Michele a Carmignano, dipinta su cinque assi di pioppo accuratamente tagliate ed assemblate tra di loro.
La parte più eclatante e sorprendente del restauro, sicuramente anche perché la più evidente, ha riguardato l’aspetto superficiale dell’opera, che è stata nettata oltre che dalla sporcizia costituita dalla polvere e dal fumo delle candele dagli spessi strati delle ridipinture che alteravano fortemente le sembianze del volto e più in generale l’immagine complessiva del Cristo. “Per quanto riguarda il perizoma – ci racconta Francesca Spagnoli – sono sicura di avere recuperato la cromia originaria, perché lì era presente un solo strato di pittura aggiunta a posteriori, mentre sull’incarnato nutro qualche incertezza, dal momento che è probabile che sotto la pellicola pittorica che ho riportato alla luce ce ne possa essere una ancora più antica, però ho preferito non correre rischi effettuando delle sottrazioni troppo profonde”. Se le ridipinture grevi ed invasive che sono state eliminate risalivano all’Ottocento, i colori tornati in superficie sono senza ombra di dubbio di parecchio precedenti, con ogni probabilità quattrocenteschi, come sembrano indicare in particolar modo i ritocchi eseguiti in punta di pennello che hanno delineato in maniera molto fine e molto fluida alcuni dettagli della barba, le sopracciglia e i peli ascellari.
Insieme allo strato ocra che ricopriva la figura del Crocifisso dalla testa ai piedi sono state rimosse le sgocciolature di sangue particolarmente esasperate che ne solcavano la fronte, il torace, la parte destra del costato, le braccia e le gambe. Attualmente il sangue risulta presente ma in modo decisamente più ridotto solamente sul costato, sulle braccia e sulle gambe, ed il colore che lo contraddistingue è assai più tenue di quello che era visibile nello stato precedente, di un rosso cupo tendente al viola, con un preciso riferimento a quello che fuoriesce dalla ferita del costato, venato adesso di sfumature bianche, a sottolineare uno stringente legame con il Vangelo di Giovanni, che nel racconto della Passione recita: “…uno dei soldati con un lancia gli colpì il fianco, e subito ne uscì sangue e acqua” (Gv 19,34). Al di là di questi particolari certamente appariscenti ma in fin dei conti anche trascurabili, quello che è emerso potentemente dalla pulitura dell’opera è che le ridipinture ottocentesche ne avevano pesantemente snaturato l’aspetto complessivo, mortificando l’eccellente lavoro di intaglio e occultando in buona parte le forme anatomiche del Crocifisso che ha ora riacquistato dei dettagli apprezzabili in tutta la loro bellezza, dal costato ai tendini e alle nervature evidenti soprattutto nelle braccia e nelle gambe passando per i malleoli definiti con notevole perizia.
Oltre alla pulizia delle superfici e al recupero del manto cromatico antico, l’intervento di restauro condotto dalla dottoressa Spagnoli ha interessato il risanamento ed il consolidamento di alcune parti della scultura che risultavano notevolmente danneggiate: sono state nettate, stuccate e ridotte con l’applicazione di alcune resine le profonde fenditure che attraversano il busto del Redentore sia sulla parte anteriore, lungo il torace e l’addome, che su quella posteriore, lungo la schiena, e che sono dovute al fatto che il tronco da cui è stata ricavata la statua non è stato svuotato prima della lavorazione ma è rimasto pieno; “per questo – ci spiega Francesca – non ho tamponato completamente le crepe, perché il legno è un materiale vivo che si modifica con il variare delle condizioni atmosferiche ed ambientali, si trasforma e respira, e se lo avessi sigillato in quei punti avrei sicuramente provocato nuove spaccatura in altre zone”; è stato inoltre rafforzato l’incastro delle braccia, ottenute da altri pezzi dello stesso tronco nel quale è stato scolpito il Cristo e che erano diventate molto instabili, probabilmente a causa delle sollecitazioni subite dal Crocifisso nel corso delle ripetute processioni; infine è stato sostituito il vecchio sistema di ancoraggio della figura del Salvatore alla croce, mediante l’introduzione di alcuni tasselli che rendono il nuovo aggancio più stabile e sicuro e sono in grado di consentire per il futuro una rimozione più semplice ed agevole della scultura dal suo supporto.
Tra le particolarità portate in luce dal restauro della Spagnoli, la preziosa decorazione del bordo del perizoma, vergata in oro, l’individuazione di un innesto ligneo sul polpaccio destro del manufatto, e la scoperta di un maestro estremamente raffinato che possedeva delle competenze in campo anatomico davvero eccezionali per il periodo storico in cui è vissuto, se come è stato proposto dalla tesi di laurea della storica dell’arte Maria Giulia Spada la scultura va attribuita all’artista trecentesco Nino Pisano, autore di eleganti statue come la Madonna della Rosa della chiesa di Santa Maria della Spina a Pisa, di importanti monumenti funebri come la tomba dell’arcivescovo Giovanni Scherlatti per il Camposanto Monumentale ancora di Pisa o di alcune delle formelle del campanile di Santa Maria del Fiore a Firenze. Non sono chiari i motivi per cui con il passare del tempo la pellicola pittorica originale è stata occultata con delle ridipinture tanto grossolane: certe manomissioni seguono a volte la moda del momento, ma in questo caso specifico si può anche prendere in considerazione la posizione particolarmente elevata e remota occupata dal Crocifisso all’interno della teca nella chiesa di San Pietro a Seano, che poteva forse giustificare l’impiego di effetti decorativi e coloristici marcati che dovevano essere visibili anche da lontano e a cui veniva spesso richiesto di catturare l’attenzione dei fedeli.
La rimozione delle ridipinture, così come tutti gli altri interventi effettuati sulla statua sono stati messi in atto dalla Spagnoli dopo essere stati preventivamente concordati con la Soprintendenza per l’Archeologia, le Belle Arti e il Paesaggio della città metropolitana di Firenze e le province di Pistoia e Prato, che ha supervisionato tutte le operazioni in maniera costante, attenta e scrupolosa, e con l’Ufficio Beni Culturali della Diocesi di Pistoia. Per tutelare al meglio lo stato di salute dell’opera è stata presa la decisione di portarla in processione in una posizione diversa da quella abituale, ovvero non più in verticale ma con una inclinazione di circa 45 gradi, e con un piano di appoggio in grado di sostenere e ridurre le sollecitazioni a cui è naturalmente sottoposta la scultura durante il percorso del corteo storico, che si sviluppa per svariati chilometri non soltanto lungo strade pianeggianti ma anche attraverso vie in dislivello. Dopo la sfilata religiosa, a cui erano presenti circa duemila persone, in parte residenti nel paese e in parte provenienti dalle zone limitrofe, il Santissimo Crocifisso è stato riportato in chiesa, e dopo alcuni giorni di attesa necessari per ultimare i lavori che hanno interessato il nuovo impianto di illuminazione della teca è stato riposto nella nicchia che lo ospita da più di due secoli e mezzo.
Il risultato raggiunto può dirsi frutto di una complessa operazione di tipo culturale che ha schierato in campo tante differenti realtà, dall’Università alla Soprintendenza, dalla Diocesi all’Associazione Festa Santissimo Crocifisso Seano, per giungere infine a coinvolgere i fedeli della parrocchia di San Pietro e tante aziende e associazioni che hanno offerto il loro supporto economico e non solo per poter concretizzare il restauro dell’antico manufatto e della teca in cui esso è custodito, e per arrivare a realizzare una manifestazione che per la sua riuscita resterà a lungo nel cuore della gente. Il percorso che ha portato al conseguimento dell’obiettivo prefissato non è stato né breve né semplice, perché attivare e coordinare l’interazione tra le istituzioni e le associazioni ha comportato un lavoro faticoso e complicato ed ha richiesto tanta tenacia e tanta pazienza per superare le difficoltà connesse al disbrigo delle pratiche burocratiche, tuttavia il risultato finale ha ripagato pienamente l’impegno di quanti hanno lavorato alacremente per raggiungerlo, riconsegnando al territorio una tessera di pregio assoluto tra le numerose che compongono il ricco e variegato mosaico dei beni artistici del comprensorio carmignanese. (Barbara Prosperi)
Galleria fotografica (immagini fornite da Francesca Spagnoli)
Il restauro del Santissimo Crocifisso
Tanti dettagli tornati alla luce
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