Nel nutrito numero delle iniziative legate al cinquecentenario della morte di Leonardo da Vinci, spicca sulle tante la mostra “Verrocchio, il maestro di Leonardo”, allestita a Palazzo Strozzi (con una sezione speciale al Museo del Bargello), la prima monografica dedicata alla figura di Andrea del Verrocchio e agli artisti che hanno frequentato la sua bottega, tra i quali figurano personalità del calibro di Leonardo da Vinci appunto, Sandro Botticelli, Pietro Perugino, Domenico Ghirlandaio, Lorenzo di Credi e molti altri. Tra le oltre centoventi opere esposte a Palazzo Strozzi sono presenti anche alcuni disegni di Leonardo, ma quello che ha attirato in maniera particolare l’attenzione dei media è una piccola terracotta collocata nell’ultima sala del percorso espositivo, una “Madonna col Bambino” proveniente dal Victoria and Albert Museum di Londra per la quale di recente è stata avanzata l’attribuzione all’artista di Vinci.
Fino a qualche tempo fa la statua veniva assegnata al catalogo di Antonio Rossellino, raffinato scultore attivo nei decenni centrali del XV secolo, ma nel 2004 lo storico dell’arte Francesco Caglioti, che per la rassegna di Palazzo Strozzi ha curato la sezione della scultura (mentre quella della pittura è stata curata dal collega Andrea De Marchi), tra l’altro preceduto da Adolfo Venturi ed altri ancora tra la fine dell’Ottocento e la prima metà del Novecento, aveva proposto la candidatura di Leonardo, basando le sue argomentazioni prevalentemente sull’esame del panneggio della veste che copre le gambe della Vergine, collegabile ai disegni che il pittore aveva eseguito quando si trovava nella bottega del Verrocchio – puntualmente esposti in mostra –, dove gli artisti erano soliti esercitarsi nel copiare i drappeggi delle stoffe bagnate e cosparse di terra che venivano disposte su dei manichini di terracotta.
Secondo quanto ricordato da Giorgio Vasari, sappiamo che da giovane Leonardo si era dedicato alla modellazione dell’argilla – l’autore delle “Vite” scrive infatti che “operò nella scultura, facendo nella sua giovanezza di terra alcune teste di femine che ridono, formate per l’arte di gesso, e parimente teste di putti, che parevano usciti di mano d’un maestro” –, molto probabilmente non soltanto nella bottega del Verrocchio ma anche in precedenza, nella fornace che la famiglia della nonna paterna, monna Lucia, possedeva nel borgo di Bacchereto, nelle vicinanze di Carmignano. Che l’artista vi si fosse recato più volte e vi avesse trascorso parte dell’infanzia e dell’adolescenza è attestato dai suoi stessi scritti, che menzionano il piccolo centro nel Codice II di Madrid, in un foglio conservato nella Biblioteca Reale di Windsor e nel Codice Atlantico, dove vengono citati alcuni amici.
Il nome di Leonardo in relazione ad una terracotta non deve dunque meravigliare, anche se è difficile attribuirgli delle opere di scultura con assoluta certezza, dal momento che allo stato attuale non si conoscono esemplari sicuramente riferibili alla mano dell’artista. Francesco Caglioti, che in questa occasione è tornato a ribadire la proposta avanzata per la prima volta quindici anni fa (che quindi era già nota agli specialisti ma è stata rivelata adesso anche al pubblico che frequenta le grandi mostre d’arte), considera indubbia la paternità leonardiana dell’opera, visto che ha assegnato la “Madonna col Bambino” al genio di Vinci senza che accanto al suo nome compaia il tradizionale punto interrogativo che in questi casi solitamente viene ritenuto d’obbligo. Per quanto riguarda la collocazione cronologica ha optato per il 1472.
Come già accaduto lo scorso anno con la piastrella raffigurante l’arcangelo Gabriele presentata al pubblico da Ernesto Solari (vedi “La più antica opera di Leonardo” di Barbara Prosperi), il mondo accademico ha accolto con non poche riserve la proposta del professor Caglioti, ordinario di Storia dell’arte moderna all’Università degli Studi di Napoli Federico II, riconosciuto come uno dei maggiori esperti della produzione scultorea italiana del Quattrocento, che ha difeso così la sua tesi in un’intervista rilasciata a “Il Venerdì di Repubblica” lo scorso febbraio: “Questa strabiliante Madonna non ha riscontri diretti e persuasivi con nessun’altra scultura del Rinascimento fiorentino, mentre ne ha moltissimi con i disegni e i dipinti di Leonardo, soprattutto giovanili, ma anche maturi”.
Secondo il docente altri importanti elementi a favore dell’attribuzione della statuetta all’autore della “Gioconda” sono la qualità e l’originalità dell’invenzione, la maestria e la freschezza nell’esecuzione del modellato, l’espressione ilare del piccolo Gesù, il sorriso di Maria, le dita affusolate che mostra chiaramente la sua mano destra, e più in generale l’aspetto innovativo della composizione, che misura 49 centimetri di altezza per 27 di larghezza e 24.5 di profondità. La mostra “Verrocchio, il maestro di Leonardo” sarà visitabile a Firenze fino al 14 luglio, dopodiché si trasferirà a settembre alla National Gallery of Art di Washington. Da parte del Victoria and Albert Museum è stata annunciata l’intenzione di valutare attentamente le caratteristiche dell’opera prima di prendere in considerazione l’eventualità di modificare la didascalia che da svariati decenni si accompagna al manufatto. (Barbara Prosperi)