Voi non mi conoscete, ma io nel mio paese son famosissimo (…) Son nato amici miei in Toscana, nel glorioso maggio del 1921, in un piccolo borgo di contadini e operai dove esse’ comunista era un mandato morale, un dovere, una cosa naturale che vien da sé, come rigovernare dopo ave’ desinato, ecco.
Con questa apertura inizia il discorso di fu Partito Mannelli Braccini, il protagonista dello spettacolo “Io sono partito”, che torna dopo trenta anni dalla morte ad incontrare di nuovo le compagne ed i compagni e raccontar loro la sua storia che è legata anche ad alcune pagine della storia italiana. Per l’ultima volta, tutti uguali, tutti insieme.
“Io sono partito” è il nuovo spettacolo scritto, diretto ed interpretato da Massimo Bonechi e da Riccardo Goretti che torna in scena, dopo una prima rappresentazione all’associazione Pandora lo scorso novembre, lunedì 15 luglio alle ore 21 in piazza Giacomo Matteotti a Carmignano.
Lo spettacolo è il frutto di un lavoro a quattro mani che si colloca temporalmente dopo il “Gobbo a mattoni”, arrivato a più di cinquanta repliche e risultato del progetto “RitrovArci”, ovvero una ricerca storica condotta da Massimo Bonechi nel 2015 all’interno dei circoli Arci e poi trasformata in drammaturgia da Riccardo Goretti, che racconta la storia di quattro personaggi, giocatori incalliti di carte, che il giorno dopo vedranno chiudere la storica ‘casa del popolo’. Questa chiusura non rappresenta soltanto la fine di un’epoca ma anche lo smarrimento di un’intera generazione, che non potrà riconoscersi più in un luogo avvertito fino a quel momento come ‘casa’. Sul palcoscenico Goretti interpreta il ‘Sindachino’, detentore silenzioso del gobbo che manca dal mazzo di carte con cui abitualmente gioca con i suoi compagni, ovvero il compagno ‘Krusciovve’, il videopoker dipendente ‘Dumenuti’ e la bestemmiatrice creativa ‘La Madonnina’.
Se il “Gobbo a mattoni” aveva anticipato una tematica politica, soprattutto nel finale malinconico, con la chiusura della casa del popolo, “Io sono partito” recupera la stessa riflessione per ampliarla a questioni più complesse, come ad esempio cosa significhi fare politica oppure essere di sinistra oggi.
Il titolo molto evocativo suggerisce numerosi piani di lettura. Intanto il protagonista, Partito Mannelli Braccini è nato, per una strana coincidenza, lo stesso giorno in cui è stato fondato il PCI, nel maggio del 1921 ed al PCI resterà legato, per tutta la vita, da una serie di altre coincidenze altrettanto strane. La vita personale quindi si sovrappone a quella pubblica e politica, tanto che Partito ed il PCI finiscono per essere una cosa sola ed imprescindibile. Non solo, Partito prende appunto “parte” ad un progetto personale e sociale, più grande di lui, per cui decide di seguire un ideale e di stare sempre da una “parte” ben precisa, prima di “partire” definitivamente per un altro viaggio. Ad interpretare il protagonista è Riccardo Goretti, che parla alla platea da un pulpito rialzato, leggendo un discorso che si è preparato per l’occasione. Dalla sua storia emergono tanti altri personaggi, tra cui ad esempio il babbo, lo zio, il figlio, i compagni del PCI, il prete, il tecnico delle luci, Enrico Berlinguer fino a scomodare anche Karl Marx. Tutti questi personaggi sono interpretati di volta in volta da Massimo Bonechi, che fa da spalla o contraltare a Goretti.
Rispetto al “Gobbo a mattoni” che aveva una struttura a monologo cucita addosso a Riccardo Goretti, “Io sono partito” ha una struttura diversa, perché Massimo Bonechi e Riccardo Goretti sono entrambi autori ed attori. In questo lavoro teatrale si avverte la necessità di parlare di politica, senza velleità nostalgiche o di ricostruzione della storia: Partito ed il PCI muoiono a distanza di poco tempo. Partito torna per stare di nuovo tra la gente, mentre il PCI è scomparso definitivamente. I due artisti sollevano quindi una serie di dubbi senza fornire risposte sull’eredità lasciata dal PCI e sulla sinistra di ieri e di oggi. (Valentina Cirri – crediti fotografici di Giovanni Pini)