La festa patronale di Santa Cristina a Mezzana, che è attualmente limitata alla celebrazione di un’unica messa il 24 luglio, data in cui il calendario liturgico commemora la giovanissima martire Santa Cristina di Bolsena, uccisa a soli undici anni per aver professato la sua fede cristiana, era un tempo una ricorrenza profondamente sentita dai fedeli e ampiamente valorizzata dalla chiesa locale, che le dedicava un’intera settimana di funzioni, sempre molto seguite e partecipate dalla popolazione.
“Vivo a Santa Cristina da sessant’anni – racconta Assunta Rovai, memoria storica e colonna portante della comunità parrocchiale della frazione medicea –, perciò i miei ricordi mi consentono di arrivare fin quasi alla metà del secolo scorso. Oggi il circolo organizza diverse iniziative per onorare la ricorrenza animando la vita del paese dal punto di vista sociale, in passato però la festa si svolgeva esclusivamente in chiesa e durava per tutta la settimana”.
“Durante quell’arco di tempo venivano officiate le messe, svolte delle letture specifiche e recitato il rosario – continua Assunta –, poi il 24 si aveva il culmine dei festeggiamenti, a cui era presente tantissima gente, sia del posto che da fuori. Anche se non sono tante le parrocchie che le sono dedicate in tutta Italia, la memoria della santa è sempre stata coltivata dalla chiesa cattolica, forse perché una morte in così giovane età non poteva che esaltare l’ideale della purezza che da sempre si accompagna alla fede”.
“Il giorno di Santa Cristina venivano celebrate tre messe – prosegue Assunta –, due la mattina e una il pomeriggio; quest’ultima era cantata, e ad essa si accompagnavano la benedizione dei bambini e la processione che si snodava per le vie dell’abitato e arrivava fino al Sasso; sia la chiesa che la piazza e le strade erano gremite di persone, perché allora la devozione era autentica, e anche perché queste manifestazioni costituivano dei momenti di aggregazione”.
“Un elemento caratteristico della festa era ed è rimasto anche la benedizione della mortella – aggiunge Assunta –, che è una pianta che si dice venga dalla Sardegna, e che ogni anno viene messa in mano alla statua di Santa Cristina; da noi viene chiamata anche bosso o bossolo e ha un significato di buon auspicio, tanto che anticamente veniva collocata nei campi e nelle stalle per invocare la benedizione divina sul raccolto e sugli animali, quando il paese era formato soprattutto da famiglie di contadini”.
“La tradizione continua tuttora – sottolinea Assunta –, ma la manifestazione si è molto ridimensionata; è stata celebrata a pieno regime finché alla guida della parrocchia è rimasto don Luigi Brizzi, poi ha iniziato a ridursi all’epoca di don Furno Checchi, che per motivi legati all’avanzare dell’età e al peggiorare della salute si trovò costretto ad eliminare re la processione; infine la chiesa è stata accorpata ad altre parrocchie della zona e non avendo più un suo sacerdote ha visto diminuire drasticamente il numero e l’importanza delle funzioni”.
“Un tempo veniva celebrata con maggiore risalto anche la festa di Santo Stefano – conclude Assunta –, che è compatrono della chiesa e della parrocchia insieme a Santa Cristina, ma le manifestazioni del 26 dicembre non hanno mai eguagliato quelle del 24 luglio. Per dare un’idea di quali erano le dimensioni e la risonanza della ricorrenza basta dire soltanto che alla messa e alla processione del pomeriggio prendevano parte anche i sacerdoti dei paesi vicini, da Verghereto, Bacchereto, Seano, Carmignano e Comeana. Era veramente un evento di grandi proporzioni, che chi non ha vissuto non può immaginare”. (Barbara Prosperi)