Lo scorso 10 agosto, in occasione della festa patronale di San Lorenzo a Montalbiolo, è stato distribuito ai fedeli un libretto curato da Daniela Nucci, ricercatrice di storia locale, e da Maria Rodighiero, storica dell’arte, che hanno descritto la storia della chiesa e della parrocchia del piccolo borgo mediceo. In riferimento alla “Madonna col Bambino e San Giovannino” che un tempo era collocata sull’altare della parete sinistra, e che negli anni è stata variamente riferita alla scuola di Andrea del Sarto o del Pontormo, la Rodighiero ha riproposto con convinzione l’attribuzione alla bottega del Carucci, ipotizzando anche un legame con la famiglia dei Pinadori, già committenti della celebre “Visitazione” di Carmignano.
In passato Maria Grazia Trenti Antonelli (funzionaria della Soprintendenza fiorentina, nda) aveva sottolineato nell’opera delle somiglianze con la “Madonna col Bambino” scolpita da Michelangelo per la Sagrestia Nuova di San Lorenzo a Firenze, oltre che con lo stile di Andrea del Sarto e del Bronzino. “Personalmente ritengo invece che il dipinto sia più vicino alla produzione del Pontormo – afferma Maria –; nel volto della Vergine rivedo infatti i tratti di quello presente nella “Visitazione” di Carmignano, nella sua veste dai colori cangianti il prezioso cromatismo caratteristico dell’artista, inoltre nelle lunghe dita affusolate e divaricate a forbice che imprimono una fossetta sul braccio del Figlio un legame stringente con la “Madonna col Bambino” della Collezione Hester Diamond di New York”.
“Il soggetto della tavola, datata approssimativamente tra gli anni Quaranta e Cinquanta del Cinquecento, che rappresentando la Vergine che allatta il Cristo può essere più propriamente definito una “Madonna del latte” – prosegue la Rodighiero –, ci induce a pensare che il dipinto sia stato realizzato per una destinazione privata e non per un edificio religioso adibito al culto pubblico, e che sia dunque arrivato nella chiesa di San Lorenzo a Montalbiolo in un secondo momento. Oltre alla valenza teologica che equipara il latte alla parola di Dio che raggiunge e nutre i fedeli, normalmente a questo genere di raffigurazioni si associava un significato benaugurante che le rendeva particolarmente adatte ai doni nuziali e in ultima analisi alla sfera domestica”.
Un indizio importante in questo senso può forse giungere dalla casa ritratta in cima alla collina sullo sfondo del quadro, che secondo la storica dell’arte va identificata con quella attualmente abitata dalla famiglia Rigoli, una vasta colonica che in origine doveva essere una residenza signorile, come dimostrano ancora oggi alcuni elementi architettonici presenti al suo interno. “Sono convinta che questa fosse l’abitazione che i Pinadori avevano sulla collina di Montalbiolo – conclude Maria –, e che da qui provenga la tavola, che probabilmente passò poi alla chiesa di San Lorenzo, dove la famiglia Pinadori aveva il patronato dell’altare in questione. Oltre ad auspicare che la “Madonna del latte”, attualmente in deposito presso il Museo diocesano di Pistoia, possa tornare presto nella piccola chiesa di Montalbiolo, mi auguro che qualcuno riesca a svolgere ricerche approfondite in grado di gettare nuova luce sui rapporti che i Pinadori ebbero con il nostro territorio”.
“Solitamente il nome dei Pinadori viene associato alla villa di Castello – spiega Daniela Nucci –, la stessa in cui abitò il marchese Antonio Ricci e in cui era presumibilmente custodita la “Visitazione” prima di approdare nella pieve di Carmignano, ma grazie a documenti d’archivio in realtà sappiamo che la famiglia ebbe anche altri possedimenti nella zona, tra i quali terre e fattorie a Montalbiolo. Il legame con la chiesa di San Lorenzo risulta particolarmente evidente se si analizzano attentamente gli stemmi incisi sui basamenti degli altari; su quello che ospitava la “Madonna del latte” compare infatti la croce simbolo dei Cavalieri di Malta o di Santo Stefano, ordini ai quali non a caso tra il XVI e il XVII secolo appartennero diversi esponenti della casata”. (Barbara Prosperi)