Nel neonato Centro Espositivo Leo Lev di Vinci, situato nella villa Bellio-Baronti-Pezzatini della cittadina toscana, è attualmente esposta una scultura in terracotta che ha riaperto un pluridecennale dibattito critico nel settore della storia dell’arte. Si tratta di un “Angelo annunciante” che nel 1958 Carlo Ludovico Ragghianti aveva attribuito alla bottega di Andrea del Verrocchio, ma che circa quarant’anni più tardi, nel 1999, Carlo Pedretti aveva assegnato alla mano di Leonardo, ritenendolo eseguito durante il periodo del suo apprendistato presso il grande maestro fiorentino. L’opera, proveniente dalla pieve di San Gennaro a Capannori, in Lucchesia, è appena uscita dai laboratori di restauro dell’Opificio delle Pietre Dure di Firenze, e alla luce della maggiore leggibilità acquisita dalla scultura Ilaria Boncompagni, curatrice della mostra insieme ad Oreste Ruggiero e Laura Speranza, oltre a confermare l’autografia leonardiana dell’opera ha affermato che nel volto dell’angelo si deve individuare un autoritratto giovanile dell’artista.
La studiosa è arrivata a questa conclusione comparando il viso dell’“Angelo annunciante” con quello del “David” del Verrocchio conservato al Museo del Bargello, tradizionalmente ritenuto un ritratto giovanile di Leonardo, e prendendo inoltre in considerazione una particolare forma di strabismo che accomuna le due opere, rendendo lo sguardo di entrambe disarmonico. Da questo confronto secondo la Boncompagni traspare una netta somiglianza tra le due sculture, evidente soprattutto nella forma del volto, nella resa della capigliatura e nella linea delle sopracciglia.
La notizia del presunto strabismo di Leonardo era venuta alla luce nell’ottobre del 2018, suscitando pareri contrastanti in più di un ambito accademico; ad ogni modo, al di là di questo specifico particolare anatomico, sia che la si consideri autografa, sia che la si consideri opera di bottega, la scultura di Capannori viene ritenuta uno dei lavori più importanti attorno ai quali è possibile tentare una ricostruzione dell’attività plastica del genio di Vinci, che iniziò probabilmente a modellare l’argilla nella fornace di famiglia a Bacchereto, vicino a Carmignano.
Per fornire ai visitatori un’idea di quali fossero i colori originari dell’opera, che con i suoi 131 cm. di altezza è la più grande delle sculture finora attribuite all’artista, in mostra ne è esposta anche una copia a grandezza naturale realizzata dall’Opificio delle Pietre Dure utilizzando materiali e tecniche dell’epoca. L’“Angelo annunciante” rimarrà a Vinci fino al 2 febbraio 2020, dopodiché riprenderà il suo posto nella pieve di San Gennaro sulle colline di Capannori. (Barbara Prosperi)