Oggi, 25 marzo, il calendario ecclesiastico tramanda la memoria dell’Annunciazione dell’Arcangelo Gabriele a Maria Santissima, ovvero del momento in cui Gesù Cristo si è incarnato nel grembo della Vergine, dando inizio alla storia della Salvezza, secondo quanto narrato nel Vangelo secondo Luca (Lc 1, 26-38). Nei secoli scorsi questa data veniva considerata così importante da far coincidere con la festa dell’Annunciazione il principio dell’anno nuovo, come dimostra ad esempio la tradizione del Capodanno fiorentino, che fino al 1749 cadeva appunto il 25 marzo. Ma i giorni che stiamo vivendo sono anche segnati dal dramma del Covid-19, il virus che sta mietendo tante vittime in tutto il mondo. Per l’occasione vogliamo raccontarvi una storia legata alla nostra comunità, che per la ricorrenza della Santissima Annunziata, ma anche in caso di gravi avvenimenti, era solita recarsi ai piedi di un piccolo quadro conservato nella parrocchia di Carmignano.
La chiesa di San Michele Arcangelo custodisce infatti un antico dipinto che rappresenta l’“Annunciazione”, collocato sul secondo altare di sinistra della navata, patrocinato dai fratelli Andrea e Pietro Rondi e da essi dedicato a San Giovanni Evangelista e agli altri loro protettori nel 1631. Si tratta di una tempera su tavola di modeste dimensioni, ritagliata con ogni probabilità da un quadro di maggiore superficie, ed inserita nella parte superiore della pala che raffigura i Santi Giovanni Evangelista, Francesco, Macario e Andrea, un olio su tela la cui paternità è ancora incerta, datato approssimativamente tra il quarto e il quinto decennio del XVII secolo, analogamente alle altre opere che si trovano sugli altari laterali dell’edificio, ad eccezione della “”Visitazione”, che risale al Cinquecento.
In passato il dipinto è stato riferito al pittore e miniaturista fiorentino Lorenzo Monaco, esponente di spicco dell’arte tardo gotica in Toscana, tuttavia in tempi più recenti l’attribuzione si è spostata sulla bottega o sulla cerchia degli allievi oppure su un ambito vicino al Maestro di Santa Verdiana o al Maestro della Madonna Straus, conservando sempre una datazione che si attesta all’inizio del XV secolo. Dal punto di vista iconografico l’opera è ispirata al prototipo duecentesco esposto nella basilica fiorentina della Santissima Annunziata, e si ritiene che per lungo tempo abbia rivestito una notevole importanza a livello devozionale, fatto quest’ultimo che ne giustifica la presenza all’interno della tela eseguita circa due secoli più tardi.
Gli anziani del paese ricordano infatti che in passato l’immagine era occultata da una piccola tenda e veniva scoperta in momenti caratterizzati da difficoltà e pericoli sia per la comunità che per i singoli individui, come quando ad esempio una persona veniva colpita da un problema di salute che metteva a repentaglio la sua vita, o ancora quando si verificava una calamità che coinvolgeva larghi strati della popolazione. Era allora che i fedeli si appellavano a Maria Santissima Annunziata e ne invocava la materna protezione, affinché i bisognosi fossero liberati dai problemi e dalle sofferenze che angustiavano le loro vite. (Barbara Prosperi)