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Il dipinto di Cosimo Lotti, artista di grido alle corti di Toscana e Spagna
La “Visitazione” del Pontormo è l’opera che (non a torto) monopolizza l’attenzione di quanti entrano nella chiesa di Carmignano, tuttavia fra i diversi dipinti presenti all’interno dell’edificio ce n’è almeno un altro che si distingue per la qualità pittorica e per la storia singolare che si accompagna ad esso e al suo autore. Si tratta della “Madonna del Rosario e Santi” collocata sul terzo altare di sinistra, immediatamente prima del presbiterio, eseguita nel 1601 da Cosimo Lotti, come testimoniano la data e la firma apposte sulla tela. Essa fu commissionata da Camillo Pinadori (appartenente alla stessa dinastia di mercanti che aveva incaricato il Pontormo di realizzare la “Visitazione”) per l’altare della Madonna del Rosario, di cui la famiglia aveva il patronato, nella cosiddetta pieve vecchia, posta sotto le mura dell’antico castello e demolita dal sacerdote Giovan Battista Cartei nel XVIII secolo. In una data imprecisata venne trasferita nell’attuale chiesa parrocchiale e posizionata sull’altare fatto edificare dai fratelli Antonio, Domenico e Francesco Tempesti nel 1633, che almeno fino al 1782 ospitava una pala con il “Martirio di Sant’Apollonia”, in seguito trafugata. Essendo stata dipinta per un altare di differenti dimensioni, per essere adattata alla nuova collocazione dovette essere ampliata nella parte inferiore, dove è evidente l’aggiunta di una striscia di tessuto, e ridotta su entrambi i lati, dove la tela è stata ripiegata sotto il telaio, e non tagliata come accade spesso in questi casi.
Il soggetto della Madonna del Rosario, nato nel XIII secolo, conobbe una grande diffusione a partire soprattutto dal 1571, anno in cui ebbe luogo la battaglia di Lepanto, nella quale le forze cristiane riunite nella Lega Santa fermarono l’avanzata di quelle musulmane che facevano capo all’impero ottomano, arrestandone le mire espansionistiche sul continente europeo. Lo scontro navale si svolse nei pressi del Golfo di Corinto il 7 di ottobre, e, poiché prima di iniziare il combattimento i cristiani avevano invocato la protezione di Maria recitando il rosario, la vittoria venne attribuita alla Vergine e papa Pio V istituì proprio in quella data la Festa della Madonna della Vittoria, poi trasformata nella Festa della Madonna del Rosario. Il dipinto di Carmignano presenta un’iconografia particolarmente interessante del tema in questione, in quanto la classica corona del rosario, che qui compare in mano al Bambin Gesù, è stata trasfigurata nella parte alta della tela in una corona regale che sovrasta la figura di Maria, sulla quale sono inseriti come pietre preziose i Misteri gaudiosi, dolorosi e gloriosi (i luminosi non sono ovviamente presenti nella composizione perché istituiti in via facoltativa da Giovanni Paolo II soltanto nel 2002). Oltre all’originalità del soggetto colpiscono la grande raffinatezza e l’eccezionale virtuosismo dimostrati dal pittore, evidenti principalmente nell’abbigliamento di San Pio V, inginocchiato sul lato sinistro del quadro in atteggiamento orante, del quale spicca il piviale riccamente decorato.
Questo dipinto è il solo datato, il più antico che si conosca e l’unico citato – ad eccezione dell’“Autoritratto” – dell’artista, personalità talentuosa e poliedrica di cui Filippo Baldinucci ha scritto nelle “Notizie de’ professori del disegno da Cimabue in qua”, opera poderosa pubblicata in sei volumi fra il 1681 e il 1728. Secondo lo storico dell’arte, che fu al servizio del cardinale Leopoldo de’ Medici (vedi “Leopoldo de’ Medici” di Barbara Prosperi), Cosimo Lotti, nato presumibilmente a Firenze nella seconda metà del XVI secolo, si formò alla scuola del pittore Bernardino Poccetti, e col passare del tempo sviluppò una marcata predilezione per la scenografia e l’architettura, acquisendo inoltre notevoli competenze nel campo dell’ingegneria, che ebbe modo di mettere in pratica ed approfondire alla corte granducale. Qui infatti lavorò per Cosimo Il prima e Ferdinando II poi, restaurando le fontane e gli automi delle ville medicee di Pratolino e Castello e sistemando i giardini di Boboli, e dimostrando una tale perizia nel settore della meccanica e dell’idraulica da meritarsi le lodi di Galileo Galilei, diventato nel frattempo suo amico. Dopo aver realizzato anche numerose scenografie per diversi spettacoli teatrali – non disdegnando tra l’altro di esibirsi in veste di attore comico –, nel 1626 venne invitato in Spagna alla corte di Filippo IV d’Asburgo, dove sistemò i giardini reali, aggiornandoli alle tendenze in voga nelle ville italiane, e collaborò all’ampliamento del palazzo del Buen Ritiro, e fu infine attivo come scenografo e decoratore. Si spense a Madrid il 24 dicembre 1643, lasciando la moglie e quattro figli. (Barbara Prosperi)