Il Pontormo
- Alla scoperta del territorio
- Il nostro passato: gli Etruschi
- Itinerari per pochi o più giorni
- Il "Campano" racconta
- Cellini a Comeana
- Le dimore storiche
- La "Visitazione" dopo il restauro
- Un viaggio tra oratori
- Storia e fortuna della Visitazione
- La Visitazione consegnata all'oblio
- Leonardo, Lucia e Bacchereto
- Leonardo, Francesco e il Montalbano
- Caravaggio ad Artimino
- Fra' Giovanni Parenti
- Una terrazza sul mondo
- Omaggio al dottor Nencioni
- Energia dall'acqua
- Romanico e neoromanico
- Pievi vecchie e nuove
- Bacco in Toscana …
- La scuola negli anni Trenta
- Aratro mio
- Sono partiti
- Autunno
- Il pane della condivisione
- Guide da scaricare
- Storie di casa nostra
- Il cuore matto di Franco Bitossi
- Quando tra Arno e Ombrone si scavava la pietra serena
- L’ultimo mezzadro a Carmignano
- In nome di Gesù e di San Pietro, che la razzaiola torni indietro
- Storie di guerra e di sfollati
- Corrado Capecchi, internato militare
- Soldato in Grecia
- Quando l'Arno era guadabile …
- … e in Ombrone si sciacquavano i panni
- La storia in un quaderno di scuola
- Storie di sindaci e giunte a Carmignano
- L'albero della libertà a Carmignano
- L'assedio in ricordo della principessa
- A spasso per il Montalbano
- Frate Bocci, all'inizio del Novecento
- Negozi storici a Carmignano
- Ugo Contini Bonacossi
- Le biciclette di Vittorio
- Matteucci, vescovo 'dimenticato'
- Tra gli anni Venti e Trenta
- Da archeologi ad agricoltori
- Fortunato Picchi, eroe dimenticato
- San Michele amarcord
- I ragazzi di Bogardo Buricchi
- Bogardo Buricchi: uomo, poeta e scrittore
- Tre donne in fuga in bicicletta, nel 1943
- Enzo Faraoni ricorda il sabotaggio al treno tedesco
- Gli scalpellini di Poggio alla Malva
- Giuseppe e la sua passione per il fox trot
- Dalla pieve vecchia le grida di un bimbo
- Un medico condotto a Carmignano
- Storie di antifascisti e presunti sovversivi
- Il partigiano "Comeana"
- Mauro Chiti, il partigiano
- I cinque martiri di Artimino
- La Nobel Carmignano
- La strage del Padule di Fucecchio
- Romolo Panfi, pittore dimenticato
- La liberazione di Carmignano
- L’erba della paura
- La peste e la Spagnola a Carmignano
- L’arte dell’intreccio
- I carmignanesi si raccontano
- La tua opinione
Quella nuvola di colori che è la Visitazione
Si può scoprire il Montalbano anche volando sulle ali di un arcobaleno. E in questo caso il viaggio non può che iniziare dalla chiesa del capoluogo e da quell’affascinante nuvola di colori che è la “Visitazione” di Jacopo Carucci detto il Pontormo (1494-1556), una delle testimonianze più ammirevoli del Manierismo italiano conservata sul secondo altare di destra, edificato nel 1740, della pieve di San Michele. L’opera, una tavola dipinta ad olio tra il 1528 e il 1530 (di cui non si hanno notizie certe sino alla metà del Seicento, quando risulta in possesso della ricca famiglia fiorentina dei Pinadori, proprietari di case a Carmignano) è certo il pezzo di maggior pregio dell’intera canonica. Ancora oggi queste quattro donne affascinano chi le osserva per l’armonia della composizione e la leggerezza delle vesti. E le circonda un’aura di mistero che Bill Viola, artista e fotografo americano contemporaneo, ha cercato di ricreare con un’installazione audiovisiva, ispirata all’opera del Pontormo, che nel 2001 è stato ospitata per qualche mese anche a Carmignano.
Il dipinto propone un tema molto diffuso nell’iconografia cristiana: tema che Pontormo si era già impegnato a rappresentare nel giovanile lavoro del chiostrino dei voti della chiesa fiorentina della SS. Annunziata (1516). Ricorda infatti la visita di Maria ad Elisabetta, dopo l’annuncio dell’incarnazione. [Luca 1,42]. Il dipinto conserva ancora in modo eccezionale la distintiva gamma coloristica dell’artista manierista, giocata in questo caso sull’accostamento di toni leggeri – verde salvia, rosa, arancio – , dotati però di un’intensa luminosità e stesi in modo da conferire leggerezza ai manti ed ai veli delle quattro donne. Con gli occhi di un fotografo moderno potremmo dire che la parte superiore della quattro donne è come ripresa da un teleobiettivo, mentre la sagoma inferiore ha le curve e la prospettiva di un grandangolo. Pontormo, ricostruisce in questa sua opera il momento più intenso dell’incontro fra le due donne e le loro ancelle, collocando sullo sfondo le strade ed i palazzi di una città rinascimentale.
Partendo dalla forma geometrica del rombo, mediata da una stampa di Durer (uno degli artisti da lui più studiati) dispone le quattro figure creando un effetto di grande intensità: Maria ed Elisabetta si fissano lasciando trasparire la consapevolezza comune del loro ruolo, (essere madre di Gesù l’una e di Giovanni Battista l’altra), mentre le due ancelle, interpretate da qualcuno come immagini speculari di Maria ed Elisabetta – basti notare la grande somiglianza anche nelle vesti – fissano con ossessiva intensità l’osservatore del quadro, cercando di attirarne l’attenzione ed indurlo alla riflessione. Lo sguardo fisso è infatti tipico della riflessione interiore.
L’ipotesi più accreditata sul motivo dell’assoluto silenzio sulla Visitazione da parte degli “storici dell’arte” coevi, (la prima citazione risale al 1677 ed è di Cinelli) sostiene che per prudenza omisero di parlarne essendo la famiglia Pinadori, proprietari e committenti dell’opera, avversari politici dei Medici. Una seconda ipotesi conduce invece ad indagare il campo delle teorie religiose. Maria ed Elisabetta sono state talvolta identificate come simboli del Nuovo e dell’Antico testamento, oppure, ripensando all’abbraccio, quale simbolo dell’unione tra la vecchia chiesa di Roma e la nuova chiesa cattolica. Negli anni in cui Pontormo probabilmente dipinse questo quadro a Firenze la nuova chiesa si identificava con quella auspicata dal predicatore ferrarese Savonarola, antimediceo ed antipapale (bruciato come eretico in Piazza della Signoria). La probabilità che si alludesse a questo significato, la supremazia della nuova chiesa sulla vecchia, avrebbe quindi potuto giustificare l’occultamento dell’opera. Specialmente in periodo di controriforma. (testo di Walter Fortini)