Il pane della condivisione
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- L'albero della libertà a Carmignano
- L'assedio in ricordo della principessa
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A scuola di solidarietà
Prima, durante e poco dopo il secondo conflitto mondiale, quando la miseria attanagliava vasti strati della popolazione, per molte persone essere contadini significava in qualche modo essere ricchi, perché in grado di ricavare sempre qualcosa da mangiare dalla terra. Al posto del pane bianco veniva consumato quello nero, in mancanza di proteine animali venivano utilizzate quelle dei legumi oppure ci si saziava con le patate, però difficilmente non si trovavano nel campo alimenti di cui cibarsi, mentre tante famiglie di pigionaoli, operai, braccianti spesso pativano la fame in quanto impossibilitati a procurarsi un pasto decente al giorno. Grazie ad una nonna animata da un forte spirito di carità cristiana, una bambina un po’ impulsiva, capricciosa ed egoista negli anni Quaranta del secolo scorso imparò il significato della solidarietà, della condivisione e della gioia di donare, sentimenti di cui crescendo seppe fare tesoro fino a farli diventare le colonne portanti della sua vita.
Barbara Prosperi
La nonna
Cara vecchia nonna, buona, saggia e analfabeta. In estate camminavi scalza e senza mutande: per stare più fresca? No: perché non avevi né scarpe né mutande. Ma quante cose sapevi, e quante non ne sapevi, e molte volte dicevi: “Ah, se sapessi leggere e scrivere!”, ma avevi un cuore buono e tenero, c’era sempre qualche cosa per chi aveva meno di noi, e io spesso le dicevo: “Uffa, sempre patate, sempre fagioli!”; lei mi rispondeva con cipiglio: “C’è chi non ha neanche questo!”. Così anziché fare un forno di pane cominciò a farne due alla settimana, aggiungendo al grano saina, granturco, patata, orzo, segale, insomma tutto ciò che aveva. Allora le dicevo: “Nonna, questo pane non è buono come quello di prima!”; lei mi rispondeva sempre con cipiglio: “Perché tu lo mangeresti buono e agli altri lo daresti cattivo? Lo sai che ti potrebbe rimanere attraverso alla gola?”. Ora mi rendo conto che era il pane più buono del mondo, perché era condiviso con chi aveva bisogno.
B. C. (Una vecchia contadina carmignanese)