Villa Cremoncini
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I fiorentini che vollero il Palazzo Pretorio
di Daniela Nucci
Nella zona del Castello, sul colle da cui domina la Rocca di Carmignano, è situata una grande casa padronale detta villa Cremoncini. Il manufatto, formato da un insieme di edifici singoli di impianto medioevale, fu ristrutturato nell’800. E’ a due piani con seminterrato ed è circondato da un bel parco. La porta e le finestre hanno cornici in pietra e il sottogronda presenta delle decorature.
Nel XVI secolo l’edificio appartenne alla famiglia Bonaccorsi-Pinadori, poi fu venduto a Giovanni Landini e in seguito a Fernando Ramirez-Montalvo. La nobile famiglia Ramirez de Montalvo era di origine spagnola. Nel 1539 don Antonio Ramirez giunse in Italia al seguito di donna Eleonora di Toledo che andava sposa a Cosimo I dei Medici. Eleonora portò con sé come cameriere don Antonio Ramirez, discendente di una nobile ed antica famiglia della provincia di Avila, che acquistò case a Firenze, Campi e Roma
La dimora passò quindi al canonico carmignanese Filippo Modesti ed infine nel 1764, insieme alle ripe e alle carbonaie di Castello, alla famiglia Cremoncini di origini fiorentine, “più dediti a distruggere che a edificare”, come afferma il Ricci. Erano commercianti di cristalli e avevano bottega a Firenze in via del Proconsolo.
La lite per la Rocca medievale
Famosa è la diatriba sui possessi dei terreni della Rocca che intercorse fra i Cremoncini e il Comune a cominciare dal 1826, nella quale i primi ebbero sempre dalla loro parte i governi per le loro idee filogovernative. Per meglio comprendere i fatti, bisogna ricordare che l’antica area del Castello si era andata man mano spopolando e molta gente si era spostata in Carmignano “basso” dove più facilmente aveva trovato lavoro presso le grandi fattorie dei ricchi proprietari terrieri, per lo più fiorentini. Nella Rocca era situata ancora la sede della Podesteria e il Palazzo Pretorio; quest’ultimo – “un terratetto con portico, terrazzo sopra e forno” – nel 1776 ospitava anche il carcere e la cancelleria. Aveva accanto qualche pezzo di terra ad uso orto ed una piazzetta. Il campanile con campana ed orologio appartenevano invece alla Comunità. Antonio Ricci racconta nelle sue Memorie per filo e per segno l'”epica contesa” che dal 1826 al 1853 il popolo di Carmignano affrontò per rivendicare al Comune la proprietà del Palazzo Pretorio e della Rocca.
Nel 1826 i Cremoncini avanzarono diritti di proprietà sul Pretorio e sulle terre occupate dal Podestà, ma, dato che tali beni risultavano essere di proprietà della comunità carmignanese fin dal 1776, la loro richiesta rimase sospesa. Nello stesso tempo però il Podestà fece intendere di voler spostare la sede del Comune dalla Rocca al borgo di Carmignano “basso” che andava sempre più ingrandendosi e questo offrì buon gioco alla famiglia Cremoncini. Per non spostare la sede del Pretorio nel borgo di Poggio a Caiano – come richiesto sia dai Cremoncini che dai Bubbolini – il Magistrato decise di trovare per questo una nuova sede, ma sempre in Carmignano. Tale decisione favorì la famiglia Cremoncini.
Prima i terreni attorno e poi il palazzo pretorio
Filippo Cremoncini, priore, fece in modo di aggiudicarsi le terre intorno alla Rocca il cui accesso venne vietato ai paesani. Nel 1827 fu pubblicato l’editto per la gara di acquisto dell’ex- Pretorio e dei terreni annessi. La gara fu vinta da Luigi Cremoncini che ottenne la proprietà del Palazzo, di una casa, di due orti e di altro terreno. Poco dopo passò all’abbattimento del Pretorio “perché neppure da lontano i popolani lo potessero scorgere”. (Per quanto riguarda il Pretorio, il Granduca nel 1835 ordinò che venisse acquistato il palazzo Bubbolini come nuova sede del Palazzo).
I carmignanesi si ribellano ai Cremoncini …
Ma i carmignanesi, popolo fiero e orgoglioso delle proprie radici, così mal sopportarono di vedersi espropriati della Rocca che presentarono nel 1844 una supplica al Magistrato accusando i Cremoncini di essersi appropriati di due cisterne pubbliche – alle quali era vietato l’accesso – per la costruzione di nuove mura di cinta. Il Magistrato diede ragione ai popolani. Ma la cosa non finì lì. Nel 1848 (si era al tempo dei moti rivoluzionari!) quelli fra i più insofferenti fra i cittadini che avevano visto i Cremoncini “dettare” le delibere con le quali si erano appropriati del Pretorio per poi distruggerlo, salirono alla Rocca e fecero devastazioni di ogni genere. Naturalmente vennero tutti condannati, ma i Cremoncini, che rischiarono di rimanere vittime della furia popolare, “per molti anni sbigottiti non posero piede nei loro possessi”.
… ma davanti al magistrato i Cremoncini vincono
Nel 1853 Comune e Cremoncini andarono in giudizio di fronte al Magistrato. La comunità perse la causa, perdendo così la Rocca, le mura, le torri, le cisterne, la spianata e un piccolo trapezio di terra situato sotto l’antico Pretorio.
Alla fine di questa diatriba il Ricci afferma che “più che qualsiasi altro elemento nocque a Carmignano la malafede e l’insipienza dei suoi reggitori. In conclusione, il Comune di Carmignano per scudi 875 pari a lire 5145 vendè un palazzo, una casa, due orti e parecchi stiori di terreno, nel luogo più ameno della collina, prediletto dal popolo e consacrato da secolari memorie; in cambio di che ottenne che niuno ponesse mai più il piede su quelle zolle che fecondate, fin dalla più remota età, dal sangue dei combattenti per la patria, videro soggiacere quei nemici temerari che si attentarono a sottometterla”.
Se osservata alla luce di questa lunghissima contesa, la famiglia Cremoncini non brilla certo per giustizia ed equità, ma ahimè, quelli erano i tempi
A loro merito non va però dimenticato che essi iniziarono nel 1825 la coltivazione di vitigni talmente pregiati da meritare i primi premi all’esposizione Agraria Toscana del 1857 e la visita di Vittorio Emanuele II, che si recò nel 1861 di persona a vedere questa famosa collezione di vini carmignanesi.
BIBLIOGRAFIA
Antonio Ricci, Memorie storiche del Castello e del Comune di Carmignano, Prato 1885.
Giuseppe Rigoli, Carmignano e la sua storia, Prato 1939