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I contadini se ne vanno in città
Alla fine degli anni Sessanta le campagne iniziano a spopolarsi: anche a Carmignano. L’economia cambia, le fabbriche richiamano manodopera e operai. Poi anni dopo, dalla città c’è chi decide di tornare in campagna acquistando case e coloniche. Ma è un modo diverso di vivere il territorio e la sua cultura, patito con dolore da chi quella terra l’ha coltivata da secoli. Ecco il ricordo e il punto di vista di una vecchia contadina carmignanese. (wf)
Sono partiti, ma dove sono andati i miei fratelli? Sono partiti, ma dove sono andati così stanchi?
Qui non avevano più speranza. Li ho chiamati gridando il loro nome ad uno ad uno. Restate! Restate! Non importa se la terra non è vostra, è come se fosse vostra. Sono secoli che la bagniamo di sudore, e la terra appartiene solo a chi la lavora ed è nostra come il figlio è di sua madre, e più la madre ama suo figlio più lo sente suo.
Non mi ascoltarono e partirono, e a me parve che anche gli ulivi piangessero, si piegassero quasi a sfiorar la terra, come volessero sdradicarsi e andar con loro.
Cari vecchi ulivi, voi avete visto generazioni e generazioni di questa gente, con dolori, gioie, speranze.
E ora, fratelli miei, perché non sperate, perché non restate?
Partirono e non misero mai radici perché le loro radici sono rimaste qui.
Oh se potessero tornare, ma ormai è tardi e non possono più farlo, le loro case sono state vendute a gente di città, quella gente perbene per cui mio nonno si toglieva il cappello.
Gente ignara, gente che non sa, povera gente che si accontenta delle cose che vede solo con gli occhi, ma ci sono cose che si vedono solo con il cuore e quelle loro non le vedranno mai.
Ora tutto è sommerso nel passato, la nostra cultura, la nostra tradizione, le nostre feste, la nostra poesia, la nostra fame e il freddo dei lunghi inverni.
Ma per noi è ancora presente, lo sentiamo dentro la casa.
Ecco perché tu uomo di città non capisci la bellezza, la grandezza della terra, perché tu non hai sofferto, non hai pianto, hai trovato già tutto pronto.
Per questo ti dico non sentirti padrone della mia terra, perché l’hai solo pagata, la possiedi solamente, e molte volte le cose che si posseggono non sono nostre abbastanza.
Prima di entrare in quella casa fermati un attimo con riverenza e rispetto per coloro che ti hanno fatto posto.
Ora i miei fratelli ad uno ad uno cominciano a ritornare qui dove hanno lasciato le loro radici, ora non hanno più bisogno di tanta terra, sono grandi, sono superiori, non temono più, gli basta poca terra ormai, 1 metro e 80 per 1 e 50 di profondità.
(26-28 Ottobre 1976)
B. C. (Una vecchia contadina carmignanese)