Restauri ed esposizioni

Per quanto riguarda i restauri e le esposizioni che nel corso dei secoli hanno interessato la “Visitazione”, entrambi numerosi e ricorrenti, la prima valutazione riguardante lo stato di salute della pala di cui disponiamo si trova nel “Dizionario geografico fisico storico della Toscana” di Emanuele Repetti, un’opera monumentale divisa in cinque volumi pubblicati fra il 1833 e il 1846, dove l’autore registrava la presenza nella pieve di San Michele a Carmignano di “un malconcio quadro del Pontormo”, alludendo presumibilmente ad una serie di problematiche connesse con fessurazioni del tavolato, fori di tarlo e sporcizia della superficie pittorica, probabilmente offuscata dal fumo delle candele e dalla polvere e per questo successivamente sottoposta a drastiche puliture e pesanti ridipinture che avevano profondamente alterato l’aspetto dell’opera.

Esse dovettero essere eseguite durante il XIX secolo, tuttavia nel 1896 lo storico e critico d’arte Guido Carocci nella scheda ministeriale del dipinto deplorava “le barbariche alterazioni subite” dalla pala, che ne rendevano difficile un giudizio sicuro, mentre Carlo Gamba nel 1910 in una lettera rivolta al Reale Ispettorato degli scavi di antichità e dei monumenti annotava che “la “Visitazione” si trova in eccellente stato di conservazione, soltanto vi si trovano molte colature di cera provenienti dalle candele che vi si addossando per certe feste e parecchi buchi di tarlo; la vernice è alquanto prosciugata. Inoltre quando verso la metà del 1700 la detta tavola fu ceduta dalla famiglia Pinadori alla chiesa per sistemarla entro l’altare di macigno le fu apposta una finitura di legname bianco e fregi d’oro che produce uno sgradevole effetto”. Nel 1916 anche Frederick Mortimer Clapp in “Jacopo Carucci da Pontormo. His life and work” giudicava l’opera in ottimo stato di salute, solo parzialmente oscurata dai fumi delle candele.

Le buone condizioni del quadro riscontrate da Gamba e Clapp inducono ad ipotizzare un nuovo restauro effettuato all’inizio del Novecento, tuttavia non esistono tracce documentarie al riguardo. Si è conservata invece la notizia di una richiesta inoltrata al parroco di Carmignano dall’allora soprintendente Giovanni Poggi, che in data 21 novembre 1938 scriveva: “Per ragioni di conservazione e sicurezza del dipinto faccio invito a vossignoria di non accendere candele davanti al quadro raffigurante la “Visitazione” del Pontormo esistente al secondo altare a destra di codesta chiesa. Pregovi voler dare assicurazioni in proposito”; al che il 23 marzo 1939 il proposto don Francesco Pieralli rispondeva impegnandosi a rispettare le prescrizioni ricevute. In realtà però già alla fine del 1938 la pala era stata spostata nei laboratori fiorentini per un intervento conservativo preliminare alla “Mostra del Cinquecento toscano”, che si tenne nel 1940 a Palazzo Strozzi. Al termine dell’esposizione la tavola rimase in città nei depositi delle Gallerie fiorentine e nel 1949 venne trasferita nei laboratori della Soprintendenza, dove fu sottoposta ad un ulteriore restauro.

Disegno

Questa prolungata assenza dell’opera dal paese intanto aveva provocato preoccupazioni e reclami da parte sia del parroco (nel frattempo a don Francesco Pieralli era subentrato don Mario Frati) che della cittadinanza, che già nel 1947 ne domandavano con sollecitudine la restituzione, richiesta reiterata tre anni più tardi con una petizione collettiva firmata dal Comitato Pro Carmignano al Ministero della Pubblica Istruzione (che all’epoca inglobava anche i Beni Culturali), alla quale il soprintendente Giuseppe Poggi rispose prontamente scrivendo: “Il lungo e difficile lavoro di restauro dei danni di guerra, sofferti dal quadro in oggetto, è stato iniziato. Non appena detto lavoro sarà portato a termine, si provvederà alla restituzione del quadro al Comune di Carmignano”. Sui danni relativi al periodo del secondo conflitto mondiale non sono state rintracciate notizie specifiche, tuttavia dopo il rientro nel luogo di origine risulta un altro restauro del dipinto nel 1954, legato alla “Mostra del Pontormo e del primo manierismo fiorentino” svoltasi ancora a Palazzo Strozzi due anni dopo.

Nel 1970 la tavola fu nuovamente ricoverata nei laboratori della Soprintendenza fiorentina per un intervento relativo alla fenditura, le fessurazioni e le microlacune presenti nella parte sinistra del supporto ligneo, dopodiché due anni più tardi venne presentata alla mostra “Firenze restaurata” alla Fortezza da Basso, e nel 1980 fu esposta alla rassegna dedicata alla “Comunità cristiana fiorentina e toscana” nella chiesa di Santo Stefano al Ponte. L’ultimo restauro operato sulla “Visitazione” nel secolo scorso risale al 1983, quando a seguito di un esteso attacco di insetti xilofagi la pala venne disinfestata nel laboratorio della Soprintendenza e i fori dei tarli furono stuccati e integrati; in quella occasione venne rilevata una soddisfacente adesione tra la pellicola pittorica e il tavolato e fu registrata una discreta alterazione dei precedenti restauri. L’intervento più recente, eseguito tra la fine del 2013 e l’inizio del 2014 da Daniele Rossi, alla vigilia della mostra “Pontormo e Rosso Fiorentino. Divergenti vie della maniera”, tenutasi a Palazzo Strozzi sei anni fa, è stato sicuramente il più documentato e completo tra quelli mai condotti sulla “Visitazione”, e ha restituito all’opera una leggibilità e una brillantezza che con ogni probabilità si erano persi da diversi secoli.

Il lavoro effettuato da Rossi, grazie anche alle nuove possibilità offerte oggi da sofisticati mezzi di indagine diagnostica, ha permesso di analizzare oltre che il supporto ligneo e la superficie cromatica anche la tecnica esecutiva impiegata dal Carucci, che ha rivelato una sapienza e una raffinatezza fino ad ora insospettate. Iniziando l’esame del dipinto dalla parte che riguarda la carpenteria, è stato possibile appurare che quattro delle cinque assi di pioppo utilizzate per comporre la tavola presentano un taglio intermedio radiale, mentre la rimanente è caratterizzata da un taglio di tipo tangenziale, e presumibilmente intorno alla metà del secolo scorso sono state stabilizzate con cinquantatré inserti a farfalla posizionati in corrispondenza delle commettiture delle singole assi. Sulla preparazione di gesso e colla è stato riportato a carboncino il disegno preparatorio attualmente custodito al Gabinetto dei Disegni e delle Stampe degli Uffizi, replicato a mano libera e ingrandito di sette volte e mezzo rispetto all’esemplare di partenza, tracciato a pietra nera e pietra rossa e interamente quadrettato secondo la procedura del tempo.

La riflettografia agli infrarossi in particolare ha portato alla luce alcuni pentimenti e modifiche eseguiti in corso d’opera, alla base delle differenze che si notano fra disegno e dipinto, evidenziando e confermando la personalità di un artista che rifletteva continuamente sulle proprie creazioni, dando spesso seguito a ripensamenti e correzioni. Altre indagini come la riflettografia Osiris, la fluorescenza agli ultravioletti, le radiografie e le analisi di piccoli campioni prelevati dalla pala hanno fornito informazioni preziose non soltanto sulla superficie pittorica ma anche sulla composizione dei materiali – pigmenti e leganti – costitutivi dell’opera. La pulitura del manto cromatico è consistita principalmente nella rimozione di polveri, fumi, vapori e tracce organiche quali deiezioni animali e nell’assottigliamento – più che nella completa eliminazione – delle vecchie ridipinture che stratificandosi avevano coperto, oscurato ed in parte alterato i colori originari, ma la cui totale asportazione avrebbe stravolto in maniera troppo radicale l’immagine universalmente conosciuta del dipinto. Le abrasioni della pellicola pittorica sono state integrate con colori ad acquerello e preparazioni a tempera, mentre l’intera superficie è stata cosparsa di una speciale vernice protettiva e rivitalizzante.

Le principali novità emerse dal restauro di Daniele Rossi hanno riguardato il cielo, il terreno e i palazzi, che finalmente liberati dalle pesanti ridipinture che ne ottundevano l’aspetto ed i colori hanno rivelato una nuova chiarezza e particolari scomparsi da tempo come ad esempio la presenza di alcune nuvole bianche, delle pietre sconnesse del selciato, di un panno steso a una finestra, di una donna affacciata a un davanzale, di una testa d’asino che sporge all’estremità inferiore del palazzo sulla sinistra, piccoli brani di vita quotidiana che rispetto al passato hanno conferito un maggiore realismo alla scena rappresentata, caratterizzandola in senso più spiccatamente feriale. E’ stato recuperato in parte anche il primitivo colore dell’abito della Vergine, dipinto con l’azzurrite e trasformatosi col passare del tempo in un verde petrolio a causa del probabile inglobamento di una resina sandracca che aveva snaturato l’aspetto della veste, e sono inoltre state riportate in evidenza le finissime velature che il pittore aveva steso con infinita pazienza sull’opera quasi ultimata.

E’ con questi rilevanti elementi inediti, ampiamente messi in risalto dalla stampa, che la “Visitazione” si è di nuovo presentata al pubblico nel marzo del 2014, quando a Palazzo Strozzi è stata la protagonista assoluta della rassegna “Pontormo e Rosso Fiorentino. Divergenti vie della maniera”, esposizione a cura di Carlo Falciani e Antonio Natali che alla fine di quell’anno ha ottenuto il titolo di migliore mostra internazionale dalla prestigiosa rivista “The Apollo Art magazine”. Per l’occasione il quadro del Carucci è stato utilizzato come immagine simbolo della rassegna ed esibito quindi su manifesti, striscioni, locandine e pieghevoli, oltre che riprodotto sulle copertine dei cataloghi, le cartoline e i biglietti d’ingresso alla sede espositiva, e ammirato da 150.000 visitatori provenienti da tutto il mondo, che hanno associato il dipinto al nome di Carmignano, alla sua chiesa, al suo paese e al suo territorio.

Quel restauro e quella mostra hanno inaugurato una nuova fase nella storia della “Visitazione”, che è stata richiesta per nuove esposizioni e si è trasformata nell’ambasciatrice di Carmignano nel mondo, diventando il fulcro di una rassegna itinerante finalizzata a raccogliere fondi per il recupero dell’antico complesso parrocchiale di San Michele. Dopo il grande successo della mostra allestita nel 2014, infatti, nel 2017 Palazzo Strozzi ha ottenuto nuovamente il capolavoro pontormesco per la più grande retrospettiva mai dedicata a Bill Viola (vedi “La “Visitazione” a Palazzo Strozzi” di Barbara Prosperi), il maestro indiscusso della videoarte che proprio dalla tavola di Carmignano aveva tratto ispirazione per una delle sue opere capitali, “The Greeting” (vedi “La “Visitazione” a Firenze” di Barbara Prosperi), e tra il maggio del 2018 e l’aprile del 2019 la propositura di San Michele, grazie all’organizzazione delle Gallerie degli Uffizi di Firenze, The Morgan Library and Museum di New York e The Jean Paul Getty Museum di Los Angeles, ha inviato il dipinto in una lunga e prestigiosa tournée internazionale (vedi “La “Visitazione” di nuovo in trasferta” di Barbara Prosperi) che partendo dal capoluogo toscano si è spinta a toccare le due sponde degli Stati Uniti d’America, da dove ha fatto ritorno nel maggio scorso riprendendo infine il suo posto sul secondo altare di destra della vecchia chiesa francescana.

Barbara Prosperi

(Prosegue da “La Visitazione del Pontormo: significato ed origini“)

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