Diciannove anni ed un grande desiderio di libertà. Sergio Sorri si faceva chiamare “Comeana” all’interno del gruppo partigiano che aveva raggiunto sulle montagne pistoiesi, “Comeana” come il paese dove era nato e sempre vissuto. Ma fu nella vicina provincia che perse la vita insieme ad altri due compagni, durante un’azione contro alcuni automezzi tedeschi sulla Firenze-Mare. Era il 6 giugno 1944. A distanza di settantadue anni le nipoti, l’amministrazione comunale, l’ANPI di Carmignano e di Pistoia e il Comitato “11 Giugno” – nato per ricordare il sacrificio di altri partigiani che persero invece la vita a Poggio alla Malva – hanno reso omaggio al cippo ai caduti che ricorda quel gesto. Una vicenda non del tutto nota, ricostruita settantadue anni dopo grazie alla collaborazione della famiglia, che non era a conoscenza dell’impegno di Sergio nella Resistenza e di come fosse morto.
“L’interesse del Comitato per la figura di Sorri c’era già da tempo – racconta Emanuele Boanini, membro del Comitato “11 Giugno” e dell’ANPI di Carmignano, presieduta da David Desideri – . Tutto però ha avuto inizio l’anno scorso dopo le consuete celebrazioni annuali a Poggio alla Malva. In quell’occasione il sindaco Doriano Cirri ci informò di avere appreso dalle nipoti di Sorri, Angela e Gianna, che il loro zio era stato insignito con riconoscimento ufficiale della medaglia di bronzo al valor militare”. “Abbiamo intervistato la famiglia e gli anziani di Comeana – spiega Emanuele – finché non siamo riusciti a scoprire, grazie anche all’ANPI di Pistoia, dove era morto Sergio”.
La storia di Sergio Sorri inizia a Comeana il 30 agosto 1924. Secondo di tre fratelli, Renato il maggiore e Renata la minore, Sergio era di famiglia profondamente antifascista. Il padre Alberto lavorava alle cave come scalpellino, aveva fatto la guerra del ’15-’18, e dopo il ritorno a casa aveva maturato un odio profondo nei confronti delle ideologie guerrafondaie. Per questo motivo manifestò fin dagli anni ‘20 il suo dissenso anche nei confronti del Fascismo, esprimendo così il suo pensiero: “Siamo rientrati ora da una guerra, non vi basta? Vorreste rimandarci ancora a morire”.
Ogni volta che a Comeana era organizzato un comizio Alberto veniva prelevato dai carabinieri sul posto di lavoro, tutto impolverato, e trascinato per le vie del paese fino alla caserma.
Nonostante la tinta antifascista la famiglia non impedì al figlio maggiore, Renato, di arruolarsi nell’esercito e di andare a combattere al fronte. Di lui non si seppe più niente per anni, finché Renato tornò a casa dopo la deportazione in un campo di prigionia in Germania. Sergio aveva una posizione diversa rispetto al fratello, non considerò neppure il richiamo alle armi che gli arrivò nel 1944 e nonostante le suppliche della madre che temeva di avere perso già un figlio, decise di partire e di raggiungere i gruppi partigiani sulle montagne pistoiesi. Sergio entrò a far parte della formazione Magni Mannino, che operò da marzo a giugno 1944. La formazione prendeva il nome da un partigiano della brigata Bozzi, che rimase ucciso durante un combattimento contro i nazifascisti a Carpineta di Collina di Treppio, a Sambuca Pistoiese, il 17 aprile 1944. La Magni Mannino contava circa trenta unità ed era guidata dal comandante militare Aladino Quiriconi, esule in Francia e combattente in Spagna, che si faceva chiamare “Zio”.
All’interno della Magni Mannino Sorri si faceva invece chiamare con il nome di battaglia “Comeana”, in ricordo del suo paese di origine. Era di pattuglia per svolgere azioni di disturbo contro gli automezzi nemici che passavano sulla Firenze-Mare per rifornire le truppe che si trovavano sul fronte dell’Arno. Nonostante il loro capo avesse sconsigliato l’azione, Sorri tentò un agguato ai tedeschi insieme ad altri due partigiani, Leo Innocenti detto “Pallino” (27 anni) e Natale Tamburini (40 anni). L’attacco avvenne nella zona di Traversagna (nel comune di Massa e Cozzile), il 6 giugno 1944. Fu incendiato un autocarro nemico, ma all’arrivo di un secondo mezzo tutti e tre ebbero la peggio e persero la vita. Il giorno dopo ci fu uno scontro armato in cui rimasero feriti dai quindici ai venti tedeschi e morì un partigiano che faceva da sentinella. La formazione si spostò a Vernocchio e da lì, dopo un ordine del CNL toscano, partì per Volterra dove si ricongiunse alla 23° brigata Garibaldi che aveva la base a Cornate.
Di Sergio la famiglia non ebbe più notizie per molto tempo, i suoi compagni raccontarono poi che era morto durante un’azione partigiana molto pericolosa ma senza troppo particolari. “Sergio era un ragazzo molto giovane, estroverso, solare e determinato – lo ricordano le nipoti Angela e Gianna – che ha sacrificato la sua vita per un ideale di libertà e per la volontà di essere un uomo libero”. Proprio per ricordare l’impegno di Sergio “Comeana” nella Resistenza toscana è stata organizzata una visita nella giornata di sabato 2 aprile 2016 a Traversagna, dove si trova il cippo ai caduti del 6 giugno 1944. Erano presenti le nipoti di Sorri, Angela e Gianna, il sindaco di Carmignano Doriano Cirri, gli assessori Sofia Toninelli e Stefano Ceccarelli, i membri dell’ANPI di Pistoia e Carmignano e del Comitato “11 Giugno”.
“Partigiano combattente già distintosi per abnegazione e coraggio in molteplici interventi – c’è scritto nelle motivazioni con cui cui gli è stata conferita la medaglia di bronzo -, comandato di pattuglia per svolgere azioni di disturbo contro automezzi nemici che, transitando sulla Firenze-Mare, rifornivano le loro forze sul fronte dell’Arno, Sergio non esitava ad attaccare un autocarro nemico incendiandolo. Colto di sorpresa dal fuoco dell’equipaggio di altro autocarro nemico sopraggiunto, reagiva con audacia finché, colpito a morte immolava la giovane vita per la libertà della Patria”. (Valentina Cirri)
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